Una stanza, la luna, i grilli, e la bellezza delle nuvole. Una prof si lascia provocare dalla poesia di Pasolini

Temi letterari della Maturità 2025. Il bello di aver chiesto ad amici che lavorano con la parola di scrivere pensieri liberi sui temi della Maturità, in particolare intorno alla poesia di Pasolini è che, arrivati alla seconda pubblicazione, posso già dirvi che sono tutti scritti bellissimi. Mi colpisce che il linguaggio e lo stile usato, le sottolineature di sfaccettature diverse, esprimono proprio quel che essi sono e allo stesso tempo ci avvicinano alla parola, alla realtà, all’autore.

Il tema pubblicato oggi è scritto dalla professoressa di italiano di un liceo, l’amica Sonia, una di quelle – per dire – che nessun suo ragazzo si sarebbe permesso, né avrebbe voluto, star zitto alla maturità, una di quelle e ne conosco, quante e quanti ne conosco, che si appassiona e appassiona, una di quelle che se i giornali parlassero di loro quando si parla di scuola, la nostra speranza nel sistema scolastico e nella vita si rafforzerebbe, i ragazzi sarebbero meno tetri, meno dubbiosi sul loro esserci al mondo, più coscienti del loro compito, più liberi. Questa speranza dobbiamo far vedere loro.

Trovate qui l’articolo che introduce i Temi della Maturità 2025 e anche la poesia di Pasolini
Mi piace l’idea che Sonia si sia lasciata provocare. Come ci dicesse, attraverso un tema vi svelo un po’ chi sono e come affronto con i miei ragazzi la conoscenza degli autori, non attraverso idee astratte e copia-incollate, ma attraverso le parole che hanno scritto. Pasolini, Leopardi, Montale, così si svelano.
Troviamo il piglio della prof che mescola esperienza, amore per la conoscenza e per l’autore, il poeta, l’uomo, cercando di cogliere il canto che va al cuore delle nostre stesse domande.

Vincent Van Gogh, Gli alberi d’ulivo. – Il canto dei grilli è la bellezza delle nuvole –

Intorno a Appendice I, di Pier Paolo Pasolini
di Sonia Z

Pier Paolo Pasolini ha 21 anni quando scrive Appendice I, più o meno come Giacomo Leopardi  quando scriveva L’Infinito e  in entrambe le poesie mi trovo istantaneamente a riconoscere la prerogativa della  giovinezza nella sua naturalezza di rapporto  con lo spazio e il tempo. C’è un modo di guardare le cose che è proprio della giovinezza, anche se non anagraficamente definita, ed è quello dei poeti.

Per Leopardi, in quindici endecasillabi sciolti,  un colle, una siepe, il vento innescano l’esperienza di un rapporto spaziale e temporale con il tutto che si traduce in un dolce naufragio conoscitivo; per Pasolini, in 19 versi ugualmente sciolti e in prevalenza di 11 sillabe, una stanza, la luna e dei grilli segnano un processo conoscitivo di rinascita. Entrambi usano come collante del loro discorso l’enjambement, come per introdurre l’ascoltatore o il lettore in un pensiero poetante, non ragionato, ma che segue unicamente il ritmo del cuore.

Per i due poeti gli attori sono fondanti: l’io (introdotto subito nel primo verso, attraverso il pronome personale mi), il cuore (che si spaura per Leopardi,  o cambia per Pasolini) e la natura con le sue voci (il vento per il primo e i grilli per il secondo) e i suoi silenzi (il silenzio dell’infinito ritorna sui muri e sulle acque di Appendice).

Pasolini aggiunge per la natura l’elemento della luce, ma decide di farlo attraverso il simbolo leopardiano della luna: una luna che a poco a poco sembra diventare protagonista, prima fugace, poi inesistente, poi ingannatrice, ma infine nuova. È una luna ben più umana e vicina di quella dell’amico recanatese che le si rivolge per tutta la sua breve esistenza, come ad un’espressione di divina bellezza contrapposta all’incongruenza della vita. Proprio nel movimento e nel cambiamento della luna Pasolini prende le distanze dal suo mentore: per Leopardi la luna è intatta, vergine, immortale (Canto notturno di un pastore errante dell’Asia); per lui invece sembra morire per poi rinascere: è una luna che si sporca le mani.

Solo da questa rinascita consapevole si può ripartire e udire la voce con cui la natura ci parla: ecco il canto dei grilli, improvviso, quieto e antico. Ognuno di questi aggettivi  illumina un particolare relativo allo sguardo del poeta: il canto è improvviso come improvvisamente Renzo sente il rumore dell’Adda nella macchia notturna (A. Manzoni, I promessi sposi, cap. XVII) e come esplode il giallo dei limoni nelle trombe d ‘oro della solarità (E. Montale, Ossi di seppia, I limoni); il canto è quieto come è dolce il naufragare leopardiano, perché è il canto della poesia (Canti è il titolo definitivo della sua opera poetica); infine il canto dei grilli è antico e questo aggettivo, con cui si chiude il componimento, è quello che lo illumina più pienamente nel suo significato.

Il canto antico dei grilli, avvertito improvvisamente, è ciò che risolve e inverte la parabola negativa tracciata da Pasolini nei versi precedenti: una reale epifania riapre il rapporto con il tempo e con la storia che sembrava essere stato interrotto da una profonda disillusione e proprio in questo rapporto consiste la possibilità di liberazione per l’uomo.

Quando scrive questo componimento (probabilmente tra il ‘42 e il ’44) Pasolini è giovanissimo, sta studiando Pascoli, vive a Casarsa, sta scoprendo la poesia, la sua vita trascorre in un ambiente prevalentemente naturale, anche se ferito dalla guerra che non risparmia la sua famiglia (nel ‘45 perde il fratello), ma esordisce dicendo di sentirsi già uomo, come per una maturazione precoce che lo ha portato a cambiare (è mutato il cuore) e nei versi successivi sembra voler ribadire che non si può più tornare indietro. La sua pare essere una posizione ben più amara di quella del suo illustre coetaneo, che a 21 anni non era quasi mai uscito da Recanati: sembra essere l’atteggiamento già disilluso di chi non può più rapportarsi ad una storia che lo ha tradito.

Eppure la giovinezza, che per Pasolini come per Leopardi, durerà tutta la vita, riemerge prepotente nello scarto improvviso degli ultimi versi con la stupenda doppia immagine, non classica, di una luna rinata associata al canto dei grilli.

Il grillo è un animale che ricorda la saggezza (come ci racconta Collodi nel suo Pinocchio), ma è anche simbolo di rinascita (e, come suggerisce Montale in A Liuba che parte, ne Le Occasioni,  proprio negli stessi anni, a Firenze, il giorno dell’Ascensione c’era l’usanza di regalare un grillo in una gabbietta): come non credere che il giovane Pasolini abbia voluto definire l’impennata positiva della sua parabola meditativa con questo riferimento?!

D’altra parte la sua visione originaria,  fanciullesca (nel senso pascoliano del termine) del reale è ribadita in una delle sue  opere più mature, quasi a confermare che la giovinezza non si perde con l’età perché coincide con uno sguardo aperto ed innocente sulle cose: nella scena conclusiva di  Cosa sono le nuvole? , film pasoliniano del 1968, il protagonista Ninetto Zavoli/Otello, marionetta riversa e abbandonata in una discarica, scopre la bellezza delle nuvole grazie al suo  antagonista mentore Totò/ Iago, ed è impossibile non ricordare l’ultima battuta pronunciata da quest’ultimo: meravigliosa bellezza del creato. (NdR sotto trovate il link per un bell’articolo sul film di Pasolini)

Il canto dei grilli è la bellezza delle nuvole, è la voce dell’Adda, il giallo dei limoni…. è tutto ciò che da sempre la poesia  scopre e canta e di cui tutti noi abbiamo un disperato bisogno.

I Temi della Maturità 2025 svolti da amici

Le cicale, di Giosuè Carducci. Per parlare – anche noi – della maturità 2025

Trovate le poesie del blog alla pagina Poesie e Filastrocche

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