I pensieri scioltissimi di Valeria su Il Gattopardo e sul canto antico dei grilli di Pasolini

Temi letterari della Maturità 2025. Continuiamo con i temi scritti da amici , questa volta entriamo principalmente nel mondo siciliano di Tomasi di Lampedusa e de Il Gattopardo, libro reso mondialmente famoso dal film del 1963 di Luchino Visconti, – per me Angelica e Tancredi avranno per sempre i bellissimi giovani volti di Claudia Cardinale e Alain Delon e il principe Fabrizio sarà sempre e solo Burt Lancaster. – Ma il frinire dei grilli di Pasolini si sente ancora echeggiare anche in questi pensieri scioltissimi.

Trovate qui l’articolo che introduce i Temi della Maturità 2025, il testo della poesia di Pasolini e tutti i pensieri liberi e scioltissimi scritti finora
Oggi è la volta dell’amica Valeria De Domenico, del Team di MammaOca, di origine siciliana, giornalista freelance, scrive di automazione, ma esprime il suo animo letterario scrivendo racconti, fiabe, fin un bel romanzo per ragazzi che però, nonostante le continue pressioni, è rimasto incompiuto – per ora incompiuto -. Valeria ci introduce al romanzo Il Gattopardo, alla “potenza della narrazione drammatica”, mi ha fatto desiderare leggerlo… e alla fine si lascia incantare dal canto antico dei grilli. Nel suo approccio al romanzo e alla poesia sottolinea la realtà delle cose e dei personaggi solidi, di carne, la voce che si leva e scuote e invita i nostri ragazzi ad aprire i giovani cuori, riattivare il desiderio, mettersi/rimettersi in gioco e puntare in alto.

Vincent Van Gogh, La Mousmé seduta. – l’aroma di gardenia delle guance adolescenti

Pensieri scioltissimi
Intorno a Il Gattopardo, di Giuseppe Tomasi di Lampedusa
Intorno a Appendice I, di Pier Paolo Pasolini

Tra Pasolini e Tomasi di Lampedusa non avrei avuto dubbi, forse neppure a 18 anni: avrei scelto la potenza di una narrazione drammatica, quindi il romanzo, in cui trovi uno scenario fatto di stanze, di scale interne e di cieli d’estate, e dei personaggi solidi, di carne e inchiostro, abbigliati con costumi che parlano dell’epoca in cui si svolgono i fatti, ma sono anche oggetti di scena e raccontano un pezzo della storia e un tratto della personalità dei protagonisti: c’è l’abito bianco e rosa di Angelica e il cappellino di paglia che le ombreggia “le soffici trecce nere“, i quali toccano i sensi del vecchio principe Fabrizio, perché portano una ventata di primavera e l’odore dei “vigneti di Gibildolce e dei granai di Settesoli“. Sono tutta la gioventù e la grazia di Angelica.

Il Gattopardo è considerato un manifesto della sostanziale incapacità dei siciliani di evolversi e della loro atavica inclinazione ad adattarsi ai regimi imposti, mantenendo immutato il loro spirito di rassegnata ostinazione. In generale il romanzo, premio Strega nel 1959, è ricordato per la celebre affermazione “Se vogliamo che tutto rimanga come è, bisogna che tutto cambi” e stigmatizza l’immobilismo sociale di certe aree geografiche e di certi momenti storici. Un monito per i giovani a guardarsi dai gruppi sociali dominanti che agiscono nascostamente, senza dar l’impressione di agire, perché gli equilibri sui quali si poggia la loro egemonia non vengano messi in discussione.
Ma quante cose cambiano in questa pagina di Tomasi di Lampedusa! A partire da vibrazioni sottili, eppure penetranti, efficaci, generate dai movimenti aggraziati di Angelica, figlia di un parvenù, un nuovo ricco, ma bellissima. Dal suo percorrere “leggera i non pochi scalini della scala interna” nello “sventolio dell’ampia gonna“, al suo “gettar le braccia al collo” del principe Fabrizio e “posare sulle basette, due bei bacioni che furono ricambiati con genuino affetto“, fino all’impercettibile esitazione del vecchio che si “attarda un attimo più del necessario a fiutare l’aroma di gardenia delle guance adolescenti“. L’autore infila una serie di verbi di movimento che innescano il cambiamento silenzioso, aprono una breccia nell’animo del vecchio principe, facendo leva sull’unico perno disponibile: la sua sensibilità alla bellezza e alla grazia. Il punto di incontro tra l’obsoleto mondo del principe di Salina e la nuova generazione di ricchi borghesi, pronta ad usurpare il posto dell’aristocrazia borbonica, può essere solo quello. Mentre tra il volgare don Calogero e il principe la distanza non viene colmata o, meglio, ci vorranno anni di lotte sociali per raggiungere lo stesso obiettivo.
Ecco che la letteratura va oltre lo stereotipo sociale ed è testimone a volte involontaria di ciò che è più essenziale dell’essenziale storico. A 18 anni può essere interessante imparare a cogliere i palpiti che muovono gli animi, riattivano il desiderio, aprono i cuori. Sono commoventi tracce di una qualità dell’umano alta, che va coltivata.

Leggendo e rileggendo la poesia di Pasolini, invece, faccio più fatica a intercettare il sentimento che ha inquietato l’autore, giovanissimo quando scrive questi versi.
Lo immagino davanti a uno specchio. Ci è arrivato per caso, di corsa. Sta consumando gli anni metamorfici dell’adolescenza in un mondo in guerra ed è sempre impegnato in qualcosa di urgente. Sperimenta l’oppressione, subisce privazioni, vive sotto la minaccia costante che tutto finisca all’improvviso per una bomba sganciata di notte dagli alleati o per una pallottola sfuggita di giorno ai tedeschi. Persino questa condizione, però, può diventare uno scenario “fisso”, cui ci si assuefà: in fondo le guerre hanno sempre fatto parte della storia dell’uomo.
I cicli lunari o il percorso della luna in cielo ogni notte sono il simbolo di questo scenario fisso, prevedibili e sempre uguali, destinati tutti a concludersi per poi ricominciare. Lui, il poeta, invece, si trova cambiato, il suo cuore è cambiato, il suo sguardo sulle cose non è più quello di qualche mese prima.
Io cambio. Mio malgrado muto. L’universo si muove, percorre degli anelli che mi danno un ritmo e l’illusione di poter misurare il tempo e controllarlo, ma la verità è che il tempo scorre, ma solo l’uomo cambia definitivamente, pagando un prezzo altissimo: invecchia e prima o poi muore.
L’universo traccia traiettorie cicliche, ma è uno sfondo immutabile, che può risultare rassicurante oppure noioso, secondo i punti di vista. In entrambi i casi deve accadere qualcosa per infrangere la bolla di assuefazione o noia, una voce si deve levare e scuotere: un canto antico, il frinire dei grilli. Persino loro possono essere le sentinelle che ridestano i giovani cuori assopiti e li invitano, finché è dato loro tempo, a rimettersi in gioco.

I Temi della Maturità 2025 svolti da amici

Le cicale, di Giosuè Carducci. Per parlare – anche noi – della maturità 2025

Trovate le poesie del blog alla pagina Poesie e Filastrocche

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