#10righe de Il Piccolo Principe. La rosa di Antoine de Saint-Exupéry

#10righe, più … un tot, de Il Piccolo Principe, di Antoine de Saint-Exupéry. Ci sono libri che anche quando li hai letti più e più volte, il loro mistero “è così sovraccarico” che continua a perseguitarti, oserei dire. Sì, questo è il mio rapporto con il libro.

La parte di me che dubita dei libri troppo osannati, e anche della parola “cuore”, e di quelle che ci fanno rima, non lo sopporta, (anche se in una certa scuola materna, avevo persino fatto la volpe che – non si vede bene che col cuore) ma poi, come tutti quei libri, vedi anche Pinocchio, che, non vorresti, ma ti stupiscono sempre o, se ne leggi una riga per caso, ti impatti e non ne vuoi più uscire perché pensi che parla proprio di te, e rimanda ad altro e capisci di più il mondo, ecco, non ne puoi non scrivere e se poi la rosa è una degli interpreti principali… lo dirò con le parole dell’autore

Quando un mistero è così sovraccarico, non si osa disubbidire.

Tra tutte le interpretazioni che sono state fatte de Il Piccolo Principe e dei suoi personaggi, l’unica convincente, per me rimane che il principe e la rosa siano gli stessi Antoine e la moglie Consuelo. E’la storia del loro rapporto visto nella sua essenza, nel suo senso, tolte tutte le incomprensioni, i tradimenti, la lontananza.
Saint-Exupéry ha avuto il dono della visione del rapporto con la moglie visto proprio al centro, nel suo cuore, e allora riusciamo anche noi a cogliere dove l’essenziale è invisibile agli occhi. Leggete i brani che vi trascrivo nella prospettiva del rapporto tra i due.
E quello che sarebbe potuto essere, e forse non è stato, perché lui era “troppo giovane per saperla amare”, da non accorgersi che “mi profumava e mi illuminava”, io spero si sia realizzato lassù in quel Cielo tanto amato dal principe aviatore. A noi qui tante domande aperte e un mistero davvero grande.

— La pecora, così come mangia gli arbusti può mangiarsi anche dei fiori?
— La pecora si mangia tutto quello che incontra.
— Perfino i fiori che hanno delle spine?
— Sì. Perfino i fiori che hanno delle spine.
— Allora a cosa servono le spine?
Io non lo sapevo. In quel momento ero troppo occupato a cercare di svitare un bullone troppo stretto del mio motore. Cominciavo ad essere in ansia perché il guasto si rivelava essere molto serio, e l’acqua da bere che scarseggiava mi faceva temere il peggio.
— Le spine, a che servono?
Il piccolo principe non rinunciava mai a una risposta, una volta che aveva posto una domanda. Ero nervoso per via del mio bullone e risposi una cosa qualsiasi.
— Le spine, non servono a un bel niente, averle è pura malvagità da parte dei fiori!
— Oh!
Ma dopo un silenzio rivolto contro di me, con una sorta di risentimento esclamò:
— Non ti credo! I fiori sono inermi. Sono ingenui. Cercano di rassicurarsi come meglio possono. Pensano di essere temibili con le loro spine…
Io non ribattei nulla. Ad un certo punto, mi dicevo: «Se questo bullone mi resiste ancora, lo farò saltare via con una martellata». Il piccolo principe m’importunò nuovamente:
— Credi che i fiori, cioè tu sei convinto, che i fiori…
— Ma no, ma no! Io non credo nulla! Ti ho risposto una cosa a caso. Io mi sto occupando di cose serie, io!
Mi guardò stupefatto.
— Di cose serie!
Mi stava guardando, io avevo un martello in mano, le dita nere di catrame, chino su una cosa che doveva sembrargli molto brutta.
— Parli come gli adulti!
Mi vergognai un po’. Ma lui, impietoso, aggiunse:
— Tu confondi tutto… mischi tutto!
Era veramente molto seccato. Scuoteva al vento i suoi capelli dorati:
— Sono stato sul pianeta dove vive il Signor cremisi. Non gli piace annusare i fiori. Non si è mai curato di guardare una stella. Non ha mai amato. Non ha mai fatto altro che conteggi. E tutto il giorno ripete come te: «Io sono una persona seria! Io sono una persona seria!» e questo lo fa inorgoglire. Ma lui non è un uomo, è un fungo!
— Un che?
— Un fungo!
Il piccolo principe ora era completamente sbiancato dalla rabbia.
— È da milioni di anni che i fiori producono le loro spine. È da milioni di anni che le pecore mangiano i fiori. Non è allora forse serio sforzarsi di comprendere perché si danno tanto da fare per dotarsi di spine che non servono a un bel nulla? Non è forse importante la guerra tra le pecore e le rose? Tutto questo non è forse più importante e più serio dei conteggi di un grosso Signor rosso? E se conoscessi, proprio io, un fiore unico al mondo, che non esiste da nessuna altra parte se non sul mio pianeta, che potrebbe venire annientato in un solo boccone da una pecorella, così, un mattino, senza che questa si renda conto di quello che ha fatto, non è questo forse importante?
Arrossì, poi ricominciò:
— Se uno ama un fiore di cui esiste un unico esemplare tra milioni e milioni di stelle, questo è sufficiente a farlo felice quando lo guarda. Può dire tra sé e sé: «Il mio fiore è là da qualche parte…» Ma se la pecora si mangia il fiore, per lui sarebbe come se di colpo tutte le stelle si spegnessero. E non è forse importante tutto questo!

Imparai ben presto a conoscere meglio questo fiore. Sul pianeta del piccolo principe c’erano sempre stati dei fiori molto semplici, impreziositi da un solo giro di petali, che non occupavano molto posto e che non davano fastidio a nessuno. Facevano la loro comparsa nell’erba, al mattino, per poi sparire alla sera. Ma questo fiore era germinato un giorno da un seme portato da non si sa dove, e il piccolo principe aveva tenuto sotto stretta sorveglianza questo germoglio, che non assomigliava a nessun altro germoglio. Avrebbe potuto trattarsi di una nuova varietà di baobab. Ma l’arbusto smise presto di crescere e si preparò a fiorire. Il piccolo principe, che assisteva alla formazione di un enorme bocciolo, aveva sentore che l’aspettava una fioritura miracolosa, ma il fiore non finiva mai di prepararsi per essere bello, protetto nella sua camera verde. Sceglieva con cura i colori. Si vestiva lentamente, sistemandosi i petali uno ad uno. Non voleva certo sbocciare tutto sgualcito, come il papavero. Non voleva apparire che nel pieno della sua raggiante bellezza. Eh, sì! C’era della civetteria! La sua misteriosa preparazione si prolungò dunque per giorni e giorni. E poi, un mattino, giusto nel momento in cui il sole si levava all’orizzonte, fece mostra di sé.

Accadde che il piccolo principe, avendo lungamente camminato sulle sabbie, le rocce e tra le nevi, incontrò finalmente una strada. E tutte le strade portano dagli uomini.
— Buongiorno — disse.
C’era un giardino fiorito di rose.
— Buongiorno — risposero le rose.
Il piccolo principe le guardò. Assomigliavano tutte al suo fiore.
— Chi siete? — domandò lui stupefatto.
— Noi siamo le rose — dissero le rose.
— Ah — fece il piccolo principe…
Si sentì di colpo molto infelice. Il suo fiore gli aveva raccontato di essere il solo della sua specie in tutto l’universo. Ed ecco qua che in un solo giardino se ne potevano contare cinquemila tutti simili!
«Sarebbe molto contrariato,» si disse «se vedesse che… gli verrebbe una brutta tosse e fingerebbe di morire per sfuggire al ridicolo. E io sarei costretto a far finta di curarlo, perché altrimenti per umiliarmi così, si lascerebbe morire per davvero…”
Poi si disse ancora: «Credevo di avere la fortuna di possedere un fiore unico, invece possiedo solo una comunissima rosa. Lei e i miei tre vulcani che mi arrivano alle ginocchia e di cui uno, forse, è anche spento per sempre, non fanno di me chissà che gran principe…»
Si sdraiò sul prato per dormire e pianse.

— Torna al roseto. Capirai quanto la tua rosa sia unica al mondo. Quando ripasserai per dirmi addio e ti regalerò un segreto.
Il piccolo principe se ne andò a rivedere le rose.
— Voi non siete affatto simili alla mia rosa, non siete ancora nulla — disse. Non vi hanno addomesticato e voi non avete addomesticato nessuno. Siete nello stato in cui era la mia volpe. Non era che una volpe qualsiasi, uguale a centomila altre volpi. Ma me la sono fatta amica, e ora è unica al mondo.
Le rose erano imbarazzate.
— Siete belle ma vuote — aggiunse. — Non si può dare la vita per voi. Di certo, un passante qualsiasi penserebbe che voi siete simili. Ma lei da sola è più importante di tutte voi altre insieme, perché è lei che ho innaffiato. Perché è lei che ho protetto con un paravento. Perché erano su di lei i bruchi che ho ucciso (salvo i due o tre che ho tenuto per le farfalle). Perché è lei che ho ascoltato lagnarsi o vantarsi, o anche qualche volta tacere. Perché è la mia rosa.
E ritornò dalla volpe:
— Addio — disse…
— Addio, — disse la volpe — Ecco il mio segreto. È molto semplice: non si vede bene che con il cuore. L’essenziale resta invisibile agli occhi.
— L’essenziale resta invisibile agli occhi — ripeté il piccolo principe per tenerlo a mente.
— È il tempo che hai speso per la tua rosa che l’ha resa così importante.
— È il tempo che ho speso per la mia rosa… — fece il piccolo principe per tenerlo a mente.
— Gli uomini hanno dimenticato questa verità — disse la volpe. — Ma tu non la devi scordare. Si diventa per sempre responsabili di chi si addomestica. Tu sei responsabile della tua rosa…
— Io sono responsabile della mia rosa… ripeteva il piccolo principe per tenerlo a mente.

— Dalle tue parti — disse il piccolo principe — gli uomini coltivano cinquemila rose nello stesso giardino… e non riescono a trovare quello che cercano…
— Non lo trovano — risposi…
— E tuttavia quello di cui sono in cerca potrebbe essere trovato in una sola rosa o in un po’ d’acqua…

Ma ecco che mi viene in mente una cosa importante. La museruola che avevo disegnato per il piccolo principe… ho scordato di aggiungere la cinghia di cuoio! Non sarà riuscito a metterla alla pecora. Allora mi domando: “Che sarà successo sul suo pianeta? Può ben essere capitato che la pecora si sia mangiata il fiore…”
Delle volte mi dico: “Sicuramente no! Il piccolo principe ricovera tutte le notti sotto la sua palla di vetro il suo fiore, e sorveglia bene la sua pecora…” Allora sono felice. E tutte le stelle ridono dolcemente.
Altre volte mi dico: “Forse si distrae una volta o l’altra, e tanto basta! Una sera ha dimenticato di metterlo sotto la palla di vetro, proprio quando la pecora è uscita di notte, senza farsi sentire…” Allora i sonagli diventano tutti lacrime!
Si tratta di un mistero davvero grande. Anche per voi che amate il piccolo principe, come per me, nulla nell’universo può restare lo stesso se da qualche parte, chissà dove, una pecora che non conosciamo ha, o non ha, mangiato una rosa…Guardate il cielo. Domandatevi: la pecora ha mangiato il fiore, sì o no? E vedrete come tutto cambia…

Si tratta di un mistero davvero grande. Anche per voi che amate il piccolo principe, come per me, nulla nell’universo può restare lo stesso se da qualche parte, chissà dove, una pecora che non conosciamo ha, o non ha, mangiato una rosa…Guardate il cielo. Domandatevi: la pecora ha mangiato il fiore, sì o no? E vedrete come tutto cambia…

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