Che iniziamo la scuola o che cerchiamo la temibile Squolà con l’imbranato orsetto Winnie the Pooh e compagni, vale proprio la pena viverla, l’Avventura della vita. Parola della prof Sonia Z che ci offre una recensione – riflessione sul film d’animazione Winnie the Pooh alla ricerca di Christopher Robin e sulla scuola
Premessa:
- Tra l’8 e il 16 settembre riaprono le scuole in tutta Italia.
- A.A.Milne è autore, inventore del personaggio di Winnie the Pooh e di un’altra serie di animali di pezza che si animano di vita propria così come il figlio Christopher Robin amava fare raccontando infinite storie su di loro. Milne scrive in tutto 4 libri, sulle avventure del figlio e dei suoi animali di peluche, i preferiti, l’orso Winnie su tutti. Nel prossimo articolo parlerò dei libri, dicendo già che sono bellissimi.
- Dopo la morte di Milne, la Disney compra i diritti sui personaggi e cominciano ad uscire i film, i libri disney e le serie su Christopher, Winnie e gli altri.
- Winnie the Pooh alla ricerca di Christopher Robin, esce nel 1997 ed è il primo film della serie su Winnie the Pooh a non essere direttamente basato sulle storie di A. A. Milne, anche se alcuni elementi della trama sono presi dal quinto e dal decimo capitolo de La strada di Puh.
- Christopher Robin compie sei anni e sta per andare a scuola, dovrà lasciare i suoi amati pupazzi? Cosa faranno?

L’amica Sonia Z, (l’appassionata prof che aveva scritto un tema della maturità 2025 su Pasolini) mi propone un pezzo sul film d’animazione Winnie the Pooh alla ricerca di Christopher Robin. La riflessione di una prof. innamorata della scuola e anche … di Winnie the Pooh, suo malgrado. Ci ha messo un po’ a capirlo, come tutti noi del resto che forse ci ha bloccato la smielata interpretazione disneyana dei personaggi, anche se ha contribuito a farlo conoscerlo in tutto il mondo e se poi vi viene voglia di leggere i libri, beh scoprirete personaggi, amici da conoscere, che vi dicono qualcosa sulla vita che val la pena sapere. Per noi e per i nostri bambini. Leggete il prossimo articolo di MammaOca in cui ne parlerò.
Winnie the Pooh alla ricerca di Christopher Robin
di Sonia Z
Vorrei poter dire di essere cresciuta guardando questo film della Disney, ma quando ero bambina non era stato ancora realizzato. Conoscevo i personaggi di Alan Alexander Milne solo vagamente, grazie a qualche cartone animato e ai gadgets in circolazione, ed ero abbastanza infastidita da questo orsetto un po’ smielato e imbranato, disegnato male e poco realistico.
I miei figli, invece, hanno visto Winnie the Pooh alla ricerca di Christopher Robin (uscito nelle sale nel 1997 e distribuito in VHS dal 2001) almeno una trentina di volte ed io con loro perché, purtroppo per me, ero una di quelle madri che non si serviva delle videocassette per far star tranquilli i bambini e utilizzare in occupazioni più fruttuose il tempo in cui loro erano impegnati nella visione. Una volta acceso il videoregistratore, anche io mi sedevo sul pavimento, incantata davanti al televisore, e, in questo specifico caso, rivivevo ogni volta l’avventura oggetto di questa storia, pur non capacitandomi del fascino che esercitava su di me nonostante fosse una vicenda, tutto sommato, piuttosto banale e con personaggi abbastanza improbabili: un orsacchiotto giallo con una maglietta che non riesce a coprirgli la pancia prominente, un maialino rosa mignon e pavido, un coniglio saccente e legnoso, una tigre iperattiva e poco furba e infine un asinello viola goffo e depresso, ciascuno caratterizzato da un atteggiamento al limite di un disturbo della personalità o dell’apprendimento.
Ora i miei figli sono quasi adulti e probabilmente non ricordano niente di questo film, ma io, forse in quanto insegnante, oppure perché sono una inguaribile sognatrice, ho sempre davanti agli occhi una delle scene iniziali in cui il coniglietto Tappo tenta di tirare fuori una carota dal terreno del suo orto solo perché è il 21 settembre, primo giorno dell’autunno, e, secondo il manuale del perfetto agricoltore, l’imprescindibile giorno del raccolto.
Tutto inizia e avviene in questo giorno, il giorno del raccolto, e l’avventura, che parte da un misterioso biglietto lasciato da Christopher Robin per Winnie e si dipana attraverso l’intero racconto tra boschi che si animano, vallate misteriose e buie ed enormi grotte, pur venendo presentata agli occhi, non solo dei protagonisti, ma anche degli ipnotizzati spettatori, come un’impresa straordinaria compiuta da altrettanti magnifici eroi, non risulta alla fine che il bighellonare un po’ distratto di cinque animali di pezza decisamente complessati.
La storia si apre e si chiude con due scene molto simili, bucoliche e intime, dedicate all’amicizia esclusiva e intensa che lega Christopher e il suo orsacchiotto, mentre per un’ora abbondante vengono seguite le evoluzioni sconclusionate del gruppo di animaletti partiti alla ricerca del bambino, apparentemente sparito dalla circolazione, ma in realtà semplicemente andato a scuola, come si scopre in una delle ultime sequenze.
Tutto qui? Direte voi.
E l’avrei detto anche io, se avessi letto prima la trama, ma il bello di questa storia, e sfido chiunque a negarlo, è che anche lo spettatore (o per lo meno io), esattamente come i cinque protagonisti, non capisce, attraverso la decifrazione del messaggio compiuta dal gufo Uffa, che il posto dove Christopher va cercato, la tremenda Squolà, non è altro che la scuola. La Squolà fa veramente paura sia per come questa parola viene pronunciata da Uffa sia per le imprese che i nostri piccoli eroi devono affrontare per raggiungerla, ma nello stesso tempo l’avventura, sempre citando il saccente gufo, fratellino minore di Anacleto (!), cattura i cuori di chiunque, dentro e fuori il cartone animato.
Quindi?
Quindi, alla veneranda età che non si dice, dopo trentasei anni di insegnamento, dopo aver citato centinaia di volte, fuori e dentro l’aula, le battute dei miei amici Tappo, arrabbiato con la carota perché non vuole uscire dal terreno il giorno del raccolto, e Uffa, che manda cinque imbranati allo sbaraglio solo perché i loro cuori siano catturati dall’avventura, comprendo il motivo della mia strana passione per questa storia di per sé non particolarmente eccezionale.

In realtà i motivi sono due e cerco di spiegarli partendo da quello meno importante.
Innanzitutto mi è risultato chiaro che Uffa aveva ragione: anche le incombenze meno idealizzabili, come l’andare a scuola, o il raccogliere della verdura in un orto, assumono un valore epico per il fatto che sono raccontate, diventano oggetto di racconto, poiché il racconto incanta sempre, catturando i cuori. La stessa storia è proposta in modo sorprendente e problematico nel meraviglioso film Big fish dove un padre riesce a far diventare fantastica ed epica agli occhi del figlio una vita assolutamente ordinaria. E d’altra parta il termine epos, da cui deriva l’aggettivo epico, altro non vuol dire che racconto.
Ma non si tratta solo di letteratura come strumento in grado di trasformare in straordinario l’ordinario, perché, se così fosse, anche il romanzo di Don Chisciotte sarebbe solo una parodia del poema epico cavalleresco e un esempio del potere malioso e illusorio della poesia: in gioco c’è ben altro e la scuola non è un aspetto secondario della vicenda.
Come Don Chisciotte si è veramente scontrato con dei giganti e ha veramente amato Dulcinea del Toboso, così Winnie, Pimpi, Tappo, Tigro e Ih-Oh hanno veramente vissuto mirabolanti avventure per cercare Christopher Robin e lo hanno veramente trovato a Squolà. Il fatto poi che ciò avvenga il giorno del raccolto e che questo coincida con l’inizio della scuola rende cristallina la sostanza di tutta la storia: il giorno del raccolto è la resa dei conti, l’inizio della scuola è la sfida per eccellenza.
Tutti noi siamo un po’ Winnie, Pimpi, Tappo, Tigro e Ih-Oh, con le nostre deficienze, fissazioni o paranoie, i nostri limiti insomma; tutti ad un certo punto cerchiamo il nostro Christopher e dobbiamo affrontare le nostre paure, che comunque non ci abbandonano e in verità ci sono di aiuto. L’ avventura dei nostri amici e la Squolà come luogo misterioso rappresentano la nostra vita e, per la proprietà transitiva delle relazioni, questo vuol dire che la nostra vita è comunque una straordinaria avventura, in cui non smettiamo mai di imparare, insieme e grazie a questi bizzarri animaletti, che sono le nostre più profonde risorse.
Questo ci può fare paura, ma ne vale la pena.
Vale proprio la pena per i nostri bambini e ragazzi tornare tra i banchi il 21 (o il 12?!!!) settembre, insieme a Christopher Robin e le sue paure, come è valsa la pena per Winnie e i suoi amici affrontare tanti rischi per cercare e trovare chi erano veramente: degli eroi.
E per tutti noi, che in realtà non abbiamo mai smesso e non possiamo smettere di andare a scuola né di cercare chi per noi è Christopher Robin (è la fondamentale quête, sostanza di ogni vero poema cavalleresco) vale proprio la pena viverla, l’Avventura della vita.
