La principessa in giardino, fiaba araba… Costruire muri per difendere i figli dai mali della vita?

La principessa in giardino, racconto arabo. Così viene presentata questa bella fiaba contenuta nei volumi “Tutte le fiabe”, Fratelli Fabbri Editori. I libroni su cui siamo cresciuti noi nati negli anni 60, su cui ci perdevamo e sognavamo di mondi lontani, che non avremmo immaginato di poter raggiungere con un low cost. I libroni formati da 15/20 fascicoli che i nostri padri, reduci dalla guerra e desiderosi di vivere e fare crescere i figli con belle storie adatte alla vita, compravano in edicola per poche lire e che hanno costruito il primo pezzo di biblioteca di casa mia.

Ci sono note fiabe della tradizione italiana, europea ed occidentale e una parte è dedicata a fiabe di culture diverse, fiabe cinesi, giapponesi, arabe, ci sono quelle che arrivano dal sud America, dall’Oceania, dall’Africa, da posti e anche tempi passati. Oggi la vicinanza, la raggiungibilità immediata di tutto, ha cancellato le diversità e la curiosità? “Esistono anche fiabe giapponesi?!” mi ha chiesto con genuino stupore una giovane mamma.
Certo sono un po’ adattate, i Fabbri hanno un po’ limato sia le fiabe dei Grimm che quelle da Cina e Africa, e probabilmente anche quella che vi presento qui, ma non perdono niente né in meraviglia, né in significato, per non parlare delle stupende illustrazioni.

La principessa in giardino, per i temi che affronta, mi provoca subito la domanda che mi faccio sempre quando leggo una fiaba e che rivolgo anche a voi, posto che leggiate quel che scrivo sotto:
MA DAVVERO LE FIABE SONO PURA FANTASIA LONTANA DALLA REALTA’?
I due grandi temi di questa fiaba sembrano smentire questa diceria:

  • Un padre, visir potente, costruisce un muro invalicabile per difendere la figlia dallo sguardo altrui. Per difenderla dagli sguardi di pietà se non di scherno, la principessa è zoppa, per difenderla dal “male della vita”.
    Cosa ne pensate? Fareste anche voi così? Lo fate? Lo facciamo? Magari in altro modo, in forme meno “fiabesche” e meno ricche? Credo che sia un tema molto forte oggi, molto presente nelle famiglie e nel mondo. Cosa facciamo per difendere i nostri figli dai mali della vita? Costruiamo muri? O no? Ci sono altre strade?
    Cosa suggerisce la fiaba come risposta? Cosa ci suggerisce la stessa principessa zoppa, quando capita qualcosa di imprevedibile, un giovane riesce a entrare nel giardino, l’invalicabilità viene spezzata, con facilità tra l’altro, che le fiabe ci insegnano che destino e imprevedibile vanno sempre insieme. Cosa suggerisce la principessa al padre, a noi genitori, educatori e a tutto il mondo civile, dove i muri si continuano a costruire, – forse non se ne può fare a meno? -, e alle volte abbiamo la fortuna di poterli vedere abbattere?
    — tu mi hai chiuso in questa meravigliosa prigione affinché io non conoscessi il male della vita. Ma, così, mi hai proibito di conoscere anche il bene!
    Domande e suggerimenti reali che ci provocano a una seria riflessione! Questo fanno le belle storie, i bei libri!
  • Altro tema: l’ Amore. Intendo l’Amore vero, incondizionato, amore che non teme la diversità, amore per cui combattere. E qui dovrete leggere cosa dice il giovane protagonista al visir parlando della principessa Budur, bella e zoppa. Una dichiarazione degna di un amore per sempre. Non solo, una dichiarazione che, proprio perché d’amore vero, e quindi vede la bellezza, butta all’aria tutte le sciocchezze che si leggono intorno all’ accettazione della diversità dell’altro. Fate leggere ai vostri bambini le fiabe, leggetele loro, sono vere!!
    Questo tipo d’amore ha alcune caratteristiche.  Le fiabe le suggeriscono
    . Avevo scritto un post su questo tema che vi ripropongo. #10fiabe d’amore al tempo del Covid.

Per non parlare della bellezza sparsa a piene mani, erba color smeraldo, laghetti, cascate di rose, di gelsomini e di caprifogli, archi ornati di rose e di gigli, alternati con fontane d’acqua cristallina i cui zampilli erano disposti a forma di cetra, e poi cigni, fagiani e pavoni. Forse nelle fiabe si agisce sempre per pura bellezza. E poi … lei, e poi… lui. E poi una pantofola verde ricamata di perle e d’oro, e una pantofola, una scarpa, non è un’illusione… lo sappiamo anche noi!! E poi gli amici del giovane, … un po’ storditi, ma veri amici.

La principessa in giardino

Il gran visir Abd-Allah era ricco e potentissimo: il suo palazzo in Bagdad poteva degnamente rivaleggiare con quello del califfo. Intorno al palazzo egli aveva fatto sorgere un parco cinto da un alto muro e costantemente vigilato dalle guardie.
Dalla cresta del muro si scorgevano alberi meravigliosi di ogni specie, coperti di fiori in tutte le stagioni, mentre cascate di rose, di gelsomini e di caprifogli arrivavano fino alla strada.
La gente di Bagdad parlava spesso di quel giardino di cui si raccontavano meraviglie, ma nessuno era mai riuscito a entrarvi e a vederlo da vicino, perché il gran visir era ombroso e geloso e non invitava nessuno.
Un giorno Abd el-Kor, un intelligente e bel giovane di Bagdad, figlio del ricco mercante Abd el Krim, passeggiava insieme con i suoi amici e parlava del giardino misterioso.
— Forse non è tanto bello come si racconta — diceva. — Quando una cosa è sconosciuta, tutti lavorano di fantasia e le attribuiscono pregi che non ha. Forse quel parco non è altro che un pezzo di bosco inselvatichito, pieno di rovi e di vecchi tronchi. Infatti nel suo lato a nord, il più lontano dal palazzo, il muro è quasi sommerso da cespugli incolti, probabilmente pieni di serpenti e di gufi; e nemmeno le sentinelle vi sostano mai.
— Non può essere così — rispondeva un altro giovane. — Le dicerie della gente hanno sempre un fondo di verità, e se da tanto tempo si racconta che il giardino è una meraviglia, deve essere una meraviglia davvero!
— Quand’è così, la cosa migliore da farsi è quella di andare a vedere — ribatté Abd el-Kor sorridendo. — Domani visiterò il giardino del visir, e poi vi riferirò.
A quelle parole gli altri giovani guardarono il loro amico sbigottiti e impauriti.
— Ma non sai che il gran visir ha severamente proibito a chiunque di entrare nel suo parco, e chi oserà tanto sarà messo a morte?
Abd el-Kor scrollò le spalle.
— Lo si dice, infatti, ma nessuno ha mai provato. Ebbene, proverò io, e vedremo.
I giovani rimasero ammutoliti per un momento, poi dissero:
— Ci dispiace che tu debba morire, ma se riuscirai nell’impresa, siamo disposti a regalarti mille piastre d’oro.
Stabilito così il patto, Abd el-Kor tornò a casa, pensando che forse aveva rischiato troppo; ma ormai era deciso a tentare, e concluse tra sé:
«Sceglierò l’ora del mezzogiorno, che è quella in cui tutti, compreso il gran visir, vanno a riposare. Così nessuno mi vedrà. Entrerò dalla parte più selvaggia, che è anche la meno sorvegliata, e indosserò un abito sontuoso, perché, se il gran visir mi scoprisse e mi mettesse a morte, saprebbe almeno di non avere a che fare con un vagabondo o con uno spregevole ladro».

E infatti il giorno dopo, verso mezzogiorno, si abbigliò con somma cura, indossando un vestito di seta verde tutto ricamato con fili d’oro e di perle, calzò due pantofole verdi, mise in testa un turbante verde guarnito con una grossa perla, e si avviò.
Non c’era in giro che qualche cane randagio in cerca di un filo d’ombra.
Le sentinelle sonnecchiavano appoggiate alle loro lance davanti all’ingresso principale del parco, e nessuno notò il giovane.
Abd el-Kor passò a rispettosa distanza dalle guardie, poi rasentò il muro coperto di rose e gelsomini. I profumi che salivano dal giardino erano così forti da stordire. Giunto alla parte nord, dove il parco si confondeva col bosco esterno, vide che il muro era quasi sommerso da piante selvatiche cresciute disordinatamente. Sulle pietre guizzavano le lucertole, e bassi arbusti erano spuntati fra pietra e pietra.
Il giovane cercava di farsi largo tra la selvaggia vegetazione chiedendosi come avrebbe fatto a trovare un varco, quando improvvisamente vide un cancelletto di ferro la cui serratura, arrugginita dal tempo, sembrava che non fosse stata toccata da secoli.
«Ecco l’ingresso che farebbe comodo a me» pensò. «Ma chissà dove mai sarà finita la chiave di questo cancello!»
Si appoggiò pensieroso alle sbarre, ma si accorse con grande meraviglia e gioia che il cancello era aperto; quindi lo spinse ed entrò.
Dapprima si trovò immerso nei soliti cespugli selvaggi, ma ben presto raggiunse una zona curata e coltivata e allora il giardino del gran visir gli apparve in tutto il suo splendore.
C’era un lunghissimo viale fiancheggiato da alberi secolari tutti coperti di fiori scarlatti, e fra un tronco e l’altro zampillavano fontane di acqua trasparente e azzurrina. Il viale era bordato da tappeti di fiori, disposti con tale varietà di colori e disegni da rammentare i più preziosi tappeti d’Arabia. In fondo al viale si apriva una specie di anfiteatro verde circondato da archi ornati di rose e di gigli, alternati con fontane d’acqua cristallina i cui zampilli erano disposti a forma di cetra. Al centro dell’anfiteatro c’era un lago di un verde intenso, in mezzo a cui sorgeva un padiglione di marmo sormontato da una cupola d’oro.
Sul lago nuotavano candidi cigni; nei viali passeggiavano bellissimi pavoni che trascinavano la lunga coda smagliante; fagiani dorati correvano tra i cespugli; un volo di colombe bianche partì dal tetto e si perdette nel cielo di cobalto.
Abd el-Kor si guardò intorno stupito. Ammirò a lungo quelle meraviglie, aspirò il profumo dei fiori, ascoltò il ronzio degli insetti e il gorgheggio degli uccellini; poi a poco a poco gli occhi gli si chiusero. Era così bello quel posto, così fresca l’erba verdissima, così dolce il riposo … Si sdraiò vicino al cespuglio e senza avvedersene si addormentò.

Trascorse diverso tempo: il sole incominciò a calare e i profumi dei fiori parvero ravvivarsi nella frescura della sera. La principessa Budur, figlia del gran visir, scese in giardino insieme con le sue damigelle per la consueta passeggiata prima di cena. Le fanciulle giocavano e si rincorrevano ridendo, e Budur le guardava soffocando un sospiro di malinconia. Infatti la povera principessa non poteva giocare e correre insieme con le altre fanciulle, perché era zoppa, e quando camminava vedeva negli occhi di tutti sguardi di compassione, quando non vi sorprendeva un sorriso di scherno.
Perciò si accontentava di passeggiare in solitudine mentre le sue damigelle giocavano e si rincorrevano.
Anche quel giorno si staccò dal gruppo addentrandosi pensierosa fra i cespugli di rose; ma a un tratto si fermò sbigottita, portando la mano alla bocca per soffocare un grido.
Tra i fiori di mille colori, sull’erba fresca e verde, giaceva un giovane addormentato.
Era riccamente vestito e dormiva tranquillo e sereno come un bambino.
La principessa Budur che fino ad allora non aveva mai incontrato nessun giovane, guardò a lungo Abd el-Kor colpita dalla sua bellezza. Ma purtroppo in quel momento una grossa vespa si posò proprio sul naso di Abd el-Kor e lo ferì con il suo pungiglione. Il giovane si svegliò con un grido. Le damigelle udirono e accorsero in frotta; anche i giannizzeri che erano di guardia udirono e vennero al galoppo, sfoderando gli sciaboloni.
Strappato al sonno in un modo così improvviso e spiacevole, Abd el-Kor non si raccapezzò subito: intravvide appena il bellissimo volto della principessa Budur, udì gli strilli delle damigelle, vide lampeggiare le sciabole dei giannizzeri …
Balzò in piedi e si lanciò a corsa disperata verso la parte selvaggia del giardino. Scavalcò i cespugli intricati, sgusciò fra tronco e tronco, raggiunse il cancello arrugginito e, finalmente, fu fuori.
Corse per un po’ di tempo, poi studiò il passo, e cercò di camminare tranquillamente per non dare nell’occhio; infine raggiunse la sua casa. Si accorse di avere smarrito una pantofola, ma non se ne rammaricò; la cosa che più gli premeva in quel momento era la puntura della vespa, che aveva trasformato il suo naso in un gonfio palloncino dalla pelle rossa come il fuoco.
Rientrato nei suoi appartamenti, si mise a letto, chiamò i servi e comandò che facessero venire subito un dottore. Chiese delle bende e si fasciò la faccia, lasciando scoperti solamente gli occhi.

Intanto al palazzo del gran visir le damigelle strillavano tutte insieme cercando di spiegare ai giannizzeri lo straordinario caso. Sì, un estraneo si era introdotto nel parco; la principessa lo aveva scoperto, e lo sconosciuto era fuggito, di qui, di là, chissà dove!
Disorientati e un poco scettici, soprattutto perché la principessa Budur taceva sempre, i giannizzeri esplorarono il parco palmo a palmo, ma non trovarono traccia del forestiero; allora rassegnati ritornarono ai loro posti. D’altra parte era meglio così, perché se davvero uno sconosciuto fosse riuscito a penetrare nel giardino, il gran visir li avrebbe fatti condannare a morte senza esitare.
Il visir intanto, svegliato dal suo pisolino dagli strilli delle ragazze, era sceso e le aveva fatte chiamare tentando di farsi spiegare che cosa fosse capitato. Ma le fanciulle parlavano tutte insieme, meno la principessa Budur che se ne stava silenziosa, raggomitolata in fondo al divano.
— Un forestiero nel giardino! — gridavano le damigelle.
— Un uomo addormentato!
— È fuggito subito!
— Silenzio! — urlò il visir, cercando di soverchiare con il suo vocione le voci acute delle ragazze.
— Andatevene via tutte! Voglio parlare con Budur!
Le damigelle, spaventate, sgattaiolarono via, e il gran visir si avvicinò alla figliola:
— Budur, luce dei miei occhi, — le disse — che cosa ti è capitato? Io farò tagliare la testa ai giannizzeri che non hanno vigilato abbastanza su di te.

La principessa Budur era l’unica figlia del gran visir, ed egli l’amava teneramente ma si rendeva conto che, essendo zoppa, non avrebbe mai potuto trovare marito. Perciò suo padre la teneva chiusa in quel luogo pieno d’incanti, nella speranza che questo le bastasse per essere felice, e che non desiderasse di più.
Budur levò verso suo padre gli occhi pieni di lacrime:
— Padre mio, ho veduto un uomo che non dimenticherò mai più. E se prima non ero felice, da oggi in poi sarò infelicissima.
Scoppiò in singhiozzi, e il gran visir si ritirò turbato nelle sue stanze.
Qualche giorno dopo i banditori percorsero le vie di Bagdad proclamando un bando:
— Il gran visir prega quel giovane che è entrato nei suoi giardini di presentarsi subito al palazzo. Sarà ricevuto come un principe.
Gli amici di Abd el-Kor, udito il bando, furono molto meravigliati. Forse il loro amico era riuscito nell’impresa ritenuta da tutti impossibile? E perché, allora, non si presentava a palazzo?
Ma il povero Abd el-Kor se ne stava a letto scosso da violente febbri, con il naso rosso come un peperone. Pensava al dolcissimo volto di Budur, ed era felice che la fanciulla non potesse vederlo in quelle condizioni.
Intanto Budur, al palazzo del gran visir suo padre, continuava a piangere e sospirare.

— Padre mio, — diceva al visir che l’interrogava ansiosamente — tu mi hai chiuso in questa meravigliosa prigione affinché io non conoscessi il male della vita. Ma, così, mi hai proibito di conoscere anche il bene! Io sarei troppo felice se potessi sposare quel giovane! E sarò in eterno disperata se non lo sposerò.

Il visir, che vedeva dissiparsi così tutti i suoi sogni e i suoi progetti, si strappava la barba per la rabbia. Emanò un altro bando:
«Il giovane che è penetrato nei miei giardini, si presenti a palazzo: sarà ricevuto come un re».
Gli amici di Abd el-Kor fecero molti commenti, ma il giovane non si accorse di niente. Dietro consiglio del dottore, applicava sul naso impacchi freddi contento che il gonfiore diminuisse a vista d’occhio: forse un giorno Budur avrebbe potuto guardarlo senza inorridire.
Il gran visir emise un terzo bando:
«Il giovane che è entrato nei miei giardini si presenti a palazzo: sarà ricevuto come un imperatore». Ma nessuno si presentò.
Intanto la principessa Budur passeggiava tutti i giorni nel parco, proprio nel punto in cui era apparso, e subito scomparso, il giovane a cui sentiva di aver dato il cuore. E in quel punto, una sera, scorse qualcosa che luccicava sotto un cespuglio: era una pantofola verde ricamata di perle e d’oro. La raccolse e si diresse verso il palazzo di suo padre.
— Babbo mio! — gridò — il giovane che amo è il proprietario di questa pantofola!
Il gran visir ebbe un sospiro di sollievo.
Finalmente! Una scarpa non è un sogno! Un’illusione non ha dimensioni, ma un piede umano sì.
E subito fece convocare a palazzo tutti i calzolai di Bagdad.
— Chi ha confezionato questa pantofola? — chiese mostrandola. Allora si udì la voce di un vecchio artigiano:
— L’ho cucita io, per il giovane Abd el-Kor, figlio del ricco mercante Abd el-Krim, fornitore del califfo.
Il gran visir spedì subito alcuni dignitari al palazzo di Abd el-Kor, che proprio in quel momento stava togliendosi le bende davanti allo specchio e si rallegrava perché il suo naso aveva ripreso le proporzioni normali.

Quando seppe che il gran visir lo voleva, vestì un abito nero ornato di ricami d’oro. «Così sarò già pronto per il funerale», pensò. «Il gran visir mi farà di sicuro mettere a morte.»
Ma era contento di rivedere per un’ultima volta, prima di morire, il viso dolce della principessa Budur.
Il gran visir lo ricevette seduto sopra un trono coperto di cuscini, in tutta la magnificenza che comportava la sua carica:
— Straniero! — disse sollevando un dito minaccioso. — Tu hai osato trasgredire i miei comandi e sarai punito. Ti sei introdotto nel parco del mio palazzo e hai turbato il cuore della principessa Budur. Ora la sposerai, oppure sarai messo a morte.
Il giovane Abd el-Kor non osava credere alle proprie orecchie.
— Tu dunque mi concedi la mano di tua figlia? — esclamò ancora sbalordito.
— Sì, poiché lei ti ama dal giorno in cui ti ha veduto. Ma è zoppa, perciò … — Abd el-Kor non volle sentir altro.
— Io mi ero vestito a lutto preparandomi a morire! — esclamò. — E invece tu mi concedi in moglie la fanciulla che amo, quella che mi farà felice fino all’ultimo mio giorno.
Il visir era sbigottito.

— Ma mia figlia è zoppa — 0biettò.
— Che importa? Anche i cigni sono goffi sulla terra; anche gli albatri, quando camminano sulla tolda delle navi. Ma messi nel loro elemento sono meravigliosi. Il mio amore sarà il lago su cui Budur trascorrerà con gioia la sua vita.

In quel momento Budur irruppe nella sala del trono. I due giovani si presero per mano, felici. E non si accorsero nemmeno di un valletto che entrava portando un sacchetto di velluto rosso, pieno di monete d’oro. Erano le mille piastre pagate dagli amici di Abd el-Kor. Essi intervennero al banchetto di nozze, e nessuno fu più contento di loro, per aver perduto una scommessa!

Utile

4 risposte a "La principessa in giardino, fiaba araba… Costruire muri per difendere i figli dai mali della vita?"

  1. Bellissimaaaaaaaaaaaaa!

    Quanta poesia proprio cio di cui avevo bisogno ora!

    La raccontero’ ai miei nipotini!!!!!

    Un abbraccio grande a tutti voi

    דר’ אנג’ליקה עדנה קלו ליבנה Dr. Angelica Edna Calo Livne

    מרצה במכללת תל חי Lecturer at Tel Hai College

    מנכ”ל ומייסדת עמותת בראשית לשלום CEO and Founder of Beresheet LaShalom Foundation

    +972-54-2874261

    edna@ksasa.co.il edna@ksasa.co.il

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