Oggi è il centenario della morte dello scrittore Franz Kafka. Sono una sua affezionata lettrice e sul blog ho scritto due articoli dedicati a lui. Uno con un suo bellissimo racconto, La passeggiata improvvisa, storia di libertà e amicizia, l’altro su un episodio dell’ultimo anno della sua vita da cui hanno tratto un bel libro illustrato per bambini, – ovvero per tutti -, che si intitola E così spero di te. Racconta la storia dell’incontro tra lo scrittore e una bambina che piange sconsolata perché ha perduto la sua bambola e delle lettere che scriverà Kafka, fingendosi la bambola, – non più perduta ma fuggitiva e giramondo -, per consolarla.
Per consolare una bambina mai vista prima, usa la sua arte di narratore, dona il suo tempo, il suo ultimo tempo, – morirà l’anno seguente -, una cosa che mi è sempre sembrata davvero incredibile, piena di speranza e di giorni felici!
Chi è l’uomo che può fare una cosa simile? E qual è la vera storia accaduta ? Dopo una piccola ricerca ho ricostruito il semplice episodio, che però lascia possibili strade aperte, fin misteriose. Sicuramente è stato fonte di ispirazione letterario-poetica per scrittori e giornalisti.

Franz Kafka vive gli ultimi anni della sua vita a Berlino con la compagna, Dora Diamant, che racconta della passeggiata fatta allo Steglitzer Park con Franz, dell’incontro con una bambina che piange perché ha perso la sua bambola e di quello che si inventa lo scrittore per consolarla.
Questo episodio viene raccolto dalla voce di Dora e poi riportato nel libro Quando Kafka mi venne incontro di Hans-Gerd Koch.
Nel 2006 esce per i bambini il libro Kafka e la bambola viaggiatrice dello scrittore Jordi Sierra i Fabra, e nel 2016 il libro illustrato che già vi ho presentato E così spero di te, di Diedier Levy.
Mi piace presentarvi la storia di quelle lettere scritte da Kafka, in veste di bambola giramondo, con le parole dello scrittore Paul Auster nel suo libro Follie di Brooklyn, in cui si immagina due persone che ne parlano.

Mai sentita la storia della bambola?
… Tutti i pomeriggi Kafka va a fare una passeggiata nel parco. Generalmente lo accompagna Dora. Un giorno incontra una bambina in lacrime, che singhiozza da farsi scoppiare il petto. Kafka le chiede che cosa c’è che non va e la bambina risponde che ha perso la sua bambola. Lui subito comincia ad inventare una storia per spiegarle l’accaduto. “La tua bambola è andata a fare un giro”, le dice. Lei gli chiede: “E tu come lo sai?” “Perché mi ha scritto una lettera”, le risponde Kafka. La bambina sembra sospettosa. “Ce l’hai qui?” gli domanda. “No, mi spiace, -fa lui. – “L’ho lasciata a casa per sbaglio, ma domani la porterò con me”. E’ così convincente che la bambina non sa più cosa pensare. Possibile che quell’uomo misterioso stia dicendo la verità?
Kafka torna subito a casa per scrivere la lettera. Si siede a tavolino e Dora, osservandolo mentre scrive, nota la stessa serietà che mostra quando sta componendo la sua opera. Non vuole prendere in giro la bambina. Questa è una vera fatica letteraria, e lui è deciso a compierla nel migliore dei modi. Se riuscirà a presentare alla bambina una bugia bellissima, e convincente, sostituirà la bambola perduta con una realtà diversa: falsa, forse, ma veritiera e credibile secondo le leggi della narrativa.
L’indomani Kafka si precipita al parco con la lettera. La bambina lo sta aspettando, e dato che non ha ancora imparato a leggere gliela legge lui ad alta voce. La bambola è molto spiacente, ma si è stancata di vivere sempre con le stesse persone. Ha bisogno di muoversi e vedere il mondo, di fare nuove amicizie. Non è che non voglia bene alla bambina, però desidera cambiare aria, perciò dovranno separarsi per qualche tempo. Infine la bambola promette che scriverà alla bambina ogni giorno e la terrà al corrente di quello che sta facendo.E’ da qui che la storia comincia a farmi venir voglia di piangere. Già è incredibile che Kafka si sia preso il disturbo di scrivere quella prima lettera, ma ora si dedica al progetto di scriverne una una nuova ogni giorno… al solo scopo di consolare la bambina, che fra l’altro per lui è una perfetta estranea, un esserino incontrato per caso un pomeriggio in un parco. Che tipo di uomo fa una cosa simile? E, Nathan… è andato avanti per tre settimane. Tre settimane. Uno degli scrittori più geniali che siano mai vissuti ha sacrificato il suo tempo… un tempo sempre più scarso e prezioso… per comporre le lettere immaginarie di una bambola smarrita. Secondo la testimonianza di Dora scriveva ogni frase con una cura maniacale del dettaglio, e la sua prosa era precisa, spiritosa e avvincente. In parole povere, era la prosa di Kafka, e lui per tre settimane andò tutti i giorni al parco e scrisse ogni volta una nuova lettera alla bambina. La bambola diventa grande, va a scuola, conosce altre persone. Continua a ripetere alla bambina che le vuole bene, ma allude a certe complicazioni che le rendono impossibile il ritorno. A poco a poco Kafka prepara la bambina per il momento in cui la bambola sparirà dalla sua vita per sempre. Si spreme per creare un finale soddisfacente temendo che se non lo troverà si possa rompere l’incantesimo. Dopo aver vagliato alcune ipotesi, alla fine decise di far sposare la bambola. Descrive il giovanotto di cui lei si innamora, la festa di fidanzamento, le nozze in campagna, perfino la casa dove ora abitano la bambola e suo marito. E poi, nell’ultima riga, la bambola dice addio alla sua vecchia e affezionata amica. Ma a questo punto naturalmente la bambina non sente più la mancanza della bambola. Kafka le ha dato in cambio qualcos’altro, e alla fine delle tre settimane le lettere l’hanno guarita dal suo cruccio. Lei ha la storia, e quando una persona è abbastanza fortunata da vivere all’interno di una storia, da vivere in un mondo immaginario, i dolori di questo mondo svaniscono.
Nel 1959 si tentò di ritrovare la bambina di questa storia e quindi anche le lettere della bambola viaggiatrice – Kafka attraverso un giornale del distretto di Steglitz, senza nessun risultato. Nel 2001, il traduttore di Kafka, Mark Harman, fa un altro tentativo, anche questo senza successo. Le lettere potrebbero essere tra i testi, 20 libri di appunti e 35 lettere, confiscati dalla Gestapo nell’appartamento di Dora Diamant nel 1933. Ma fino ad oggi sono considerate perdute.
Strade aperte, fin misteriose, per raccontarci una storia ancora da svelare, comunque incredibile e felice.
