28 febbraio 2013. Una fiaba per il Papa Emerito. L’usignolo, di H.C.Andersen

Volevo fare un regalo al nostro Papa Emerito, nel giorno in cui comincia un nuovo viaggio.

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Pulpito della Cattedrale di Castelsardo XVI sec.

Ma mi intendo di fiabe e gli voglio dedicare una delle più belle mai scritte.
Non so perché ma, pensando a Lui, mi viene alla mente 

“L’usignolo” di H.C.Andersen. O forse lo so.

L’avevo già pubblicata e la trovate qui,

ne riporto i passaggi che più mi fanno pensare al perché di questa dedica.
In fondo Benedetto è un amante della musica, della bellezza e della realtà, non se ne avrà a male se gli offro in dono una metafora che forse i più riterranno un po’ azzardata.

Dedicata a A Papa Benedetto XVI che, nel giorno 28-Febbraio-2013, lascia il Pontificato e diventa Papa Emerito, lascia le scarpe rosse e l’anello di Pietro e si ritira in un bellissimo giardino.

Al Papa Emerito che umilmente promette al suo successore

incondizionata reverenza ed obbedienza”


Alla nostra roccia e alla rocca

“Se si continuava a camminare, si arrivava in uno splendido bosco con alberi altissimi e laghetti profondi. Il bosco terminava vicino al mare, azzurro e profondo; grandi navi potevano navigare fin sotto i rami del bosco e tra questi viveva un usignolo, e cantava in modo così meraviglioso che persino il povero pescatore, che aveva tanto da fare, sentendolo cantare si fermava a ascoltarlo, quando di notte era fuori a tendere le reti da pesca. «Oh, Signore, che bello!» diceva, poi doveva stare attento al suo lavoro e dimenticava l’uccello. Ma la notte successiva, quando questo ancora cantava, il pescatore che usciva con la barca, esclamava: «Oh, Signore, che bello!». Alla città dell’imperatore giungevano stranieri da ogni parte del mondo, per ammirare la città stessa, il castello e il giardino; quando però sentivano l’usignolo, dicevano tutti: «Questa è la meraviglia più grande!».

 
Campanile della Cattedrale di Castelsardo
Campanile della Cattedrale di Castelsardo

 

 

 

 

 

 

 

L’usignolo cantò così deliziosamente che l’imperatore si commosse, le lacrime gli corsero lungo le guance, allora l’usignolo cantò ancora meglio e gli andò dritto al cuore.
Io non posso vivere al castello, ma permettimi di venire quando ne ho voglia, allora ogni sera mi poserò su quel ramo vicino alla finestra e canterò per te, perché tu possa essere felice e riflettere un po’. Ti canterò delle persone felici e di quelle che soffrono. Ti canterò del bene e del male intorno a te che ti viene tenuto nascosto. L’uccellino che canta vola ovunque, dal povero pescatore alla casa del contadino, da tutti quelli che sono lontani da te e dalla tua corte. Io amo il tuo cuore più della tua corona, anche se la corona ha qualcosa di sacro intorno a sé. Verrò a cantare per te! Ma mi devi promettere una cosa.» «Qualunque cosa!» rispose l’imperatore, ritto negli abiti imperiali che aveva indossato da solo, la pesante spada d’oro sul cuore. «Ti chiedo una sola cosa! Non raccontare a nessuno che hai un uccellino che ti riferisce tutto, così le cose andranno molto meglio!» E l’usignolo volò via.

Castello di Castelsardo

 

 

 

 

 

 

 

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