Beren e Luthien, di J.R.R. Tolkien. E dell’amore di Edith

Di Beren e di Lúthien, capitolo XIX de Il Silmarillion, di J.R.R. Tolkien. Oggi cari bambini, una lettura regalo per le mamme e i papà, per fratelli e sorelle grandi, per signorine e giovanotti catturati da amore. Che se proprio bisogna parlarne, di amore, che sia vero e ispirante grandi cose… nella vita e in letteratura.

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Beren e Lúthien. Illustrazione di Alan Lee

Quale donna, se vivesse in un mito, non vorrebbe essere Lúthien? Quale miglior modo di celebrare l’amore autentico, incondizionato e vero che leggere una delle più belle storie d’amore di Tolkien, e a detta di molti di tutta la letteratura, che diventa ancora più bella e vera quando in parallelo leggiamo la storia che l’ha ispirato a scriverla, la sua.
Della storia che lega Tolkien e la moglie Edith a Beren e Lúthien, ne ha scritto giorni fa, nella sua rubrica, Alessandro D’Avenia e vi rimando al suo bellissimo articolo per conoscerla, Il signore dell’anello.
La storia, ambientata nella Prima Era del mondo immaginato e costruito da Tolkien, è quella del mortale Beren, figlio di Barahir e Emeldir, e di Lúthien Tinuviel, figlia di Thingol, Re immortale degli Elfi della Terra di Mezzo. Lúthien, la più bella tra tutte le creature, rinuncia all’immortalità elfica per condividere il destino di Beren.
Beren si innamora di Lúthien vedendola danzare nella foresta.
In una lettera al figlio Christopher, scritta nel 1972, un anno dopo la morte della moglie, Tolkien ricorda il momento in cui vide Edith cantare e danzare in “una piccola radura piena di cicuta a Roos nello Yorkshire, …, in quei giorni i suoi capelli erano corvini, la sua pelle chiara, e sapeva cantare e ballare”, scrivendogli ancora, “lei era (e sapeva di esserlo) la mia Lúthien”.

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La tomba di Edith Mary Tolkien, Luthien e John Ronald Reuel Tolkien, Beren

Beren chiede la mano al padre della ragazza, il quale, per liberarsi di lui, promette che gliela concederà in sposa se lui gli avesse portato uno dei Silmaril, gemme magiche della Corona Ferrea di Morgoth, l’Oscuro Signore.
Ora, dato che non vi voglio rovinare con un riassunto questo racconto, che narra dell’avventura di questo amore tra incontri incredibili, amicizie e tradimenti, colpi di scena continui, dolori e drammi, tranne per dirvi che Beren e Lúthien compirono fino in fondo la loro missione impossibile (un po’ come ogni matrimonio non credete?…), ho voluto trascrivervi questi passaggi: dell’incontro tra i due e di come Lùthien rinunci all’immortalità per condividere il destino di Beren.
Vi propongo poi la canzone (bellissima poesia per i bambini) in cui, nel capitolo IX de Il Signore degli Anelli, La Compagnia dell’Anello, Aragorn canta agli hobbit la storia di Beren e
Lúthien. 

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Luthien danzava sull’erba sempre verde nelle radure lungo le rive dell’Esgalduin. Illustrazione di Alan Lee

Di Beren e di Lúthien, da il capitolo XIX de Il Silmarillion

… Si narra, nel Lai di Leithian, che Beren entrò in Doriath incespicando, reso grigio e curvo come da molto anni di dolore, tali e tanti erano stati i tormenti della via. Ma aggirandosi d’estate tra i boschi di Neldoreth, si imbattè in Lùthien, figlia di Thingol e Melian, ed era di sera, nel momento in cui la luna saliva nel cielo, e Luthien danzava sull’erba sempre verde nelle radure lungo le rive dell’Esgalduin. Ed ecco il ricordo di tutte le sofferenze abbandonò Beren, ed egli cadde preda a un incantesimo, poiché Luthien era la più bella di tutti i figli di Ilùvatar. Azzurro era il suo abito come il cielo senza nubi, ma grigi i suoi occhi come la sera stellata; il suo mantello era contesto di fiori dorati, ma i capelli erano scuri come le ombre del crepuscolo. Simili alla luce che resta sulle foglie degli alberi, alla voce di acque chiare, alle stelle che stanno sopra le brume del mondo, tali erano il suo splendore e la sua grazia; e il suo volto era luminoso.

Ma Luthien scomparve alla vista di Beren, il quale divenne sordo come chi sia preda d’incantesimo, e a lungo s’aggirò per i boschi, selvaggio e vigile come una belva, cercandola. In cuor suo la chiamava Tinùviel, che significa Usignolo, come viene chiamata nella lingua degli Elfi Grigi questa figlia del crepuscolo, perché non sapeva quale altro nome darle. E la scorgeva lontana come foglia ai venti d’autunno e, d’inverno, una stella sopra il colle, ma una catena gli gravava le membra.
Vi fu un momento, poco prima dell’alba, la vigilia di primavera, che Lùthien danzava sopra un verde colle; e d’un tratto prese a cantare. Acuto tanto da trapassare il cuore era il suo canto, simile a quello dell’allodola che si leva dalle porte della notte, e riversa la propria voce tra le stelle morenti, lei che scorge il sole dietro le mura del mondo; e il canto di Lùthien sciolse i vincoli dell’inverno, e le acque gelate parlarono e i fiori balzarono su dalla fredda terra là dove si erano posati i suoi piedi.
Allora Beren fu liberato dall’incantesimo del silenzio, ed egli la chiamò, invocando Tinùviel; e i boschi echeggiarono del nome. Lùthien si arrestò meravigliata e più non fuggì, e Beren venne a lei. Ma, non appena gli posò gli occhi addosso, cadde preda della sorte e si innamorò di lui; tuttavia gli sgusciò di tra le braccia e svanì alla sua vista mentre il giorno spuntava. Allora Beren giacque a terra in delirio, come uno che d’un tratto sia ucciso da felicità e dolore; e sprofondò in un sonno quale un abisso d’ombra, e al risveglio era freddo come pietra, e il suo cuore vuoto e deserto. E vagando con la mente, brancolava come chi sia colpito da improvvisa cecità e con le mani cerchi di afferrare la luce fuggitiva. Così egli cominciò a pagare col dolore il destino toccatogli in sorte; e dal suo fato Lùthien fu catturata, e da immortale che era ne condivise la mortalità e, da libera, si caricò della sua catena; e la sua pena fu maggiore di ogni altra che un Eldalie avesse conosciuto.
Al di là di ogni speranza di Beren, tornò a lui mentre egli sedeva nel buio, e molto tempo fa, nel Regno Nascosto, pose la sua mano fra le sue. In seguito, sovente venne a lui, ed essi vagabondavano insieme in segreto per i boschi dalla primavera all’estate; e nessun’altro dei figli di Ilùvatar aveva conosciuto gioia così grande, benché ratto scorresse il tempo…
… Fu questa la sorte che Luthien scelse, voltando le spalle al Reame Beato e rinunciando a tutte le pretese di parentela con coloro che vi dimoravano; perché in tal modo, quale che fosse il dolore che potesse attenderli, i destini di Beren e di Lùthien sarebbero stati uniti e i loro sentieri li avrebbero condotti assieme di là dai confini del mondo…”

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La canzone di Beren e Lùthien, cantata da Aragorn

Lunghe eran le foglie e l’erba era fresca,
E le cicute ondeggiavano fiorite e belle.
Una luce brillava nella foresta,
Era tra le ombre un luccicar di stelle.
Tinúviel ballava nella radura,
Di un flauto nascosto alla musica pura;
Una luce di stelle le inondava i capelli
E la splendida veste, oh Tinúviel!

Lì giunse Beren dal monte imponente
E tra le fronde e gli alberi vagabondò disperso,
E dove il fiume elfico scorre turbolento
Camminò solitario ed in pensieri immerso.
Guardando tra le verdi foglie delle foreste,
Vide con meraviglia dalie dorate
Ricoprir il manto e la lunga veste
E la capigliatura bionda come cascate.

Per incanto i piedi guariti e riposati,
Che condannati erano ad errare lontano,
Ripresero il cammino, senza paura né rimpianto,
E tra i raggi di luna ei giocava con la mano.
Tinúviel tra i boschi elfici
Fuggiva con piedi alati
Lasciandolo senza amici
Nelle foreste e sui prati.

Beren sentì un suono puro, sublime e celeste,
Come di passi e danze pari a petali leggeri;
E musica vibrava sotto le foreste,
Cullando il suo cuore triste ed i suoi pensieri.
Giunse l’inverno e cupi gli alberi e le piante,
Sospiravano tristi, per il tormento
Cadevano le foglie con la luna calante,
La campagna era fredda e gelido tirava il vento.

La cercò sempre, lei ch’era bella,
Tra i rami e le foglie e le fronde delle piante,
Al lume della luna, al raggio della stella,
Sotto un cielo pallido, ghiacciato e tremante.
La sua veste fulgeva al bagliore lunare
Mentre in lontananza sul colle danzava
Ed ai suoi piedi agili si vedeva brillare
Una nebbia d’argento ch’ella emanava.

Passato l’inverno ella tornò a ballare
E col suo canto giunse la primavera,
Come una felice allodola o una rondine leggera,
Ed un fiume che scorre dolce verso il mare;
E quando ai suoi piedi spuntarono i fiori,
Ei non desiderò altro che starle accanto,
Poterla accompagnare nel ballo e nel canto
Sull’erba fresca dai mille colori.

Inseguita, di nuovo ella fuggì via.
Tinúviel! Tinúviel!
Il suo nome elfico era poesia,
Ed ella si fermò un attimo ad ascoltare
Come incantata la voce di Beren
Che svelto la raggiunse e come per magia
La vide fra le sue braccia splendere e brillare
Fanciulla elfica ed immortale.

Ma dal destino amaro furono separati,
E vagarono a lungo per monti e pendici
Tra cancelli di ferro e castelli spietati,
E boschi cupi e tetri e luoghi abbandonati,
Mentre fra loro erano i Mari Nemici.
Ma un giorno luminoso si ritrovaron felici,
Ed assieme partiron, amati e infine uniti,
Attraverso boschi e campagne fioriti.

John R.R.Tolkien con moglie e figli 1940
Tolkien con la moglie Edith e i figli John, Christopher e Priscilla

Nella stessa lettera del 1972 al figlio Christopher, scrive Tolkien:

Le sofferenze che abbiamo sopportato dopo che era iniziato il nostro amore – che (al di là delle nostre debolezze personali) possono aiutare a scusare o a capire gli errori e l’oscurità che a volte macchiarono le nostre vite – e per spiegare come niente di tutto questo ci segnò in profondità né oscurò il ricordo del nostro giovane amore.

A testimonianza della missione impossibile e credibile di ogni amore, quello di John e Edith, 55 anni di matrimonio, i veri Beren e Lúthien.

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lei era la mia Luthien

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