#10righe di Alice nel Paese delle Meraviglie. Rose e cose impossibili

#10 righe di Alice nel Paese delle Meraviglie, di Lewis Carroll. Un libro pieno di stranezze, carte da gioco paurose, regine ridicole, personaggi stravaganti, nonsense, (o forse è senso portato all’eccesso?), strade da percorrere, cose impossibili e ovviamente rose.

Conoscete tutti la storia di Alice nel Paese delle Meraviglie, o forse no! Non parlo del cartone animato Disney e neppure del film, il libro intendo, quello che parla della bambina Alice che si sta annoiando.

Alice cominciava a sentirsi assai stanca di sedere sul poggetto accanto a sua sorella, senza far niente: aveva una o due volte data un’occhiata al libro che la sorella stava leggendo, ma non v’erano né dialoghi né figure, — e a che serve un libro, pensò Alice, — senza dialoghi né figure?

E così annoiandosi, vede un coniglio con un panciotto e un orologio

né Alice pensò che fosse troppo strano sentir parlare il Coniglio, il quale diceva fra se: “Ohimè! ohimè! ho fatto tardi!” (quando in seguito ella se ne ricordò, s’accorse che avrebbe dovuto meravigliarsene, ma allora le sembrò una cosa naturalissima)

e lo segue in una buca, precipita dietro di lui e già nella caduta capiamo immediatamente che viene catapultata in un mondo fantastico, perché inizia a porsi alcune domande che non si era mai posta, con stringenti ragioni tra l’altro:

— I gatti, poi, mangiano i pipistrelli? I gatti, poi, mangiano i pipistrelli? — E a volte: — I pipistrelli mangiano i gatti? — perché non potendo rispondere né all’una né all’altra domanda, non le importava di dirla in un modo o nell’altro.

Le iniziano a capitare tante cose straordinarie, incontra strani personaggi, mai adeguata al luogo che deve visitare, bevendo e mangiando diventa piccola piccola e grande grande, e comincia ad adattarsi a quel paese, a capirlo, e non è certo da tutti, qualcuno potrebbe anche passare una vita a non capirlo, quel paese delle meraviglie

Questa volta non v’era alcuna etichetta con la parola “Bevi”. Pur nondimeno la stappò e se la portò alle labbra. “Qualche cosa di straordinario mi accade tutte le volte che bevo o mangio, — disse fra sè; vediamo dunque che mi farà questa bottiglia. 

Ed anche quei personaggi…  quel gatto sapiente e strano

— Vorresti dirmi per dove debbo andare? — Dipende molto dal luogo dove vuoi andare, — rispose il Gatto. — Poco m’importa dove… — disse Alice. — Allora importa poco sapere per dove devi andare, — soggiunse il Gatto. 

— Come sai che io sia matta? — domandò Alice. — Tu sei matta, — disse il Gatto, — altrimenti non saresti venuta qui. 

— Curioso! ho veduto spesso un gatto senza ghigno; — osservò Alice, — mai un ghigno senza Gatto. È la cosa più strana che mi sia capitata!

Ecco, nascosto tra le strade del Paese delle Meraviglie, capiamo da subito la storia e la strada di Alice, già dal primo capitolo dove viene detto 

Le erano accadute tante cose straordinarie, che Alice aveva cominciato a credere che poche fossero le cose impossibili. 

Tra le pieghe del nonsense di cui è disseminato il libro, e che può esistere solo dove un autore possiede interamente il senso delle cose, il messaggio è chiaro, la realtà è straordinaria, piena di meraviglie e di qualche cosa di impossibile.

Uno degli incontri più divertenti di Alice è quello con la Regina di Cuori, che avviene in un bel giardino di rose. Alice ne ha già fatta di strada, e si stupisce del suo stesso coraggio

Un gran cespuglio di rose stava presso all’ingresso del giardino. Le rose erano bianche, ma v’erano lì intorno tre giardinieri occupati a dipingerle rosse.
“È strano!” pensò Alice, e s’avvicinò per osservarli, e come fu loro accanto, sentì dire da uno:
— Bada, Cinque! non mi schizzare la tua tinta addosso! — E che vuoi da me? — rispose Cinque in tono burbero. — Sette mi ha urtato il braccio.
Sette lo guardò e disse: — Ma bene! Cinque dà sempre la colpa agli altri! — Tu faresti meglio a tacere! — disse Cinque. — Proprio ieri la Regina diceva che tu meriteresti di essere decapitato!
— Perché? — domandò il primo che aveva parlato. — Questo non ti riguarda, Due! — rispose Sette. Sì, che gli riguarda! — disse Cinque; — e glielo dirò io… perché hai portato al cuoco bulbi di tulipani invece di cipolle.
Sette scagliò lontano il pennello, e stava lì lì per dire: — Di tutte le cose le più ingiuste… — quando incontrò gli occhi di Alice e si mangiò il resto della frase. Gli altri similmente si misero a guardarla e le fecero tutti insieme una profonda riverenza.
— Volete gentilmente dirmi, — domandò Alice, con molta timidezza, — perché state dipingendo quelle rose? Cinque e Sette non risposero, ma diedero uno sguardo a Due. Due disse allora sottovoce:
— Perché questo qui doveva essere un rosaio di rose rosse. Per sbaglio ne abbiamo piantato uno di rose bianche. Se la Regina se ne avvedesse, ci farebbe tagliare le teste a tutti. Così, signorina, facciamo il possibile per rimediare prima ch’essa venga a…
In quell’istante Cinque che guardava attorno pieno d’ansia, gridò: — La Regina! la Regina! — e i tre giardinieri si gettarono immediatamente a faccia a terra. Si sentì un gran scalpiccìo, e Alice si volse curiosa a veder la Regina. Prima comparvero dieci soldati armati di bastoni: erano della forma dei tre giardinieri, bislunghi e piatti, le mani e i piedi agli angoli: seguivano dieci cortigiani, tutti rilucenti di diamanti; e sfilavano a due a due come i soldati. Venivano quindi i principi reali, divisi a coppie e saltellavano a due a due, tenendosi per mano: erano ornati di cuori. Poi sfilavano gli invitati, la maggior parte re e regine, e fra loro Alice riconobbe il Coniglio Bianco che discorreva in fretta nervosamente, sorridendo di qualunque cosa gli si dicesse. Egli passò innanzi senza badare ad Alice. Seguiva il fante di cuori, portando la corona reale sopra un cuscino di velluto rosso; e in fondo a tutta questa gran processione venivano Il Re e la Regina Di Cuori. Alice non sapeva se dovesse prosternarsi, come i tre giardinieri, ma non poté ricordarsi se ci fosse un costume simile nei cortei reali. “E poi, a che servirebbero i cortei, — rifletté, — se tutti dovessero stare a faccia per terra e nessuno potesse vederli?” Così rimase in piedi ad aspettare. Quando il corteo arrivò di fronte ad Alice, tutti si fermarono e la guardarono; e la Regina gridò con cipiglio severo:
— Chi è costei? — e si volse al fante di cuori, il quale per tutta risposta sorrise e s’inchinò.
— Imbecille! — disse la Regina, scuotendo la testa impaziente; indi volgendosi ad Alice, continuò a dire:
— Come ti chiami, fanciulla? — Maestà, mi chiamo Alice, — rispose la fanciulla con molta garbatezza, ma soggiunse fra sé: “Non è che un mazzo di carte, dopo tutto! Perché dovrei avere paura?”
— E quelli chi sono? — domandò la Regina indicando i tre giardinieri col viso a terra intorno al rosaio; perché, comprendete, stando così in quella posizione, il disegno posteriore rassomigliava a quello del resto del mazzo, e la Regina non poteva distinguere se fossero giardinieri, o soldati, o cortigiani, o tre dei suoi stessi figliuoli.
— Come volete che io lo sappia? — rispose Alice, che si meravigliava del suo coraggio. — È cosa che non mi riguarda. La Regina diventò di porpora per la rabbia e, dopo di averla fissata selvaggiamente come una bestia feroce, gridò: — Tagliatele la testa, subito!…
— Siete matta! — rispose Alice a voce alta e con fermezza; e la Regina tacque. Il Re mise la mano sul braccio della Regina, e disse timidamente:
— Rifletti, cara mia, è una bambina! La Regina irata gli voltò le spalle e disse al fante:
— Voltateli! Il fante obbedì, e con un piede voltò attentamente i giardinieri.
— Alzatevi! — gridò la Regina, e i tre giardinieri, si levarono immediatamente in piedi, inchinandosi innanzi al Re e alla Regina, ai principi reali, e a tutti gli altri.
— Basta! — strillò la regina. — Mi fate girare la testa. — E guardando il rosaio continuò: — Che facevate qui?
— Con buona grazia della Maestà vostra, — rispose Due umilmente, piegando il ginocchio a terra, tentavamo… — Ho compreso! — disse la Regina, che aveva già osservato le rose, — Tagliate loro la testa! — E il corteo reale si rimise in moto, lasciando indietro tre soldati, per mozzare la testa agli sventurati giardinieri, che corsero da Alice per esserne protetti.

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