La Via dell’Angelo o Cammino di San Michele è una linea che parte idealmente dall’Irlanda e arriva in Israele. 4.000 km lungo i quali sono state costruite sette chiese per “ordine” di san Michele.
I luoghi sono particolari e affascinanti, le chiese sono costruite puntando in alto, su monti, uno dei quali diventa un’isola con l’alta marea, Mont Saint-Michel, ma c’è anche una grotta, in Puglia, e una vera fortezza arroccata sulla punta di un monte è la Sacra di San Michele. Se avete letto la storia pubblicata ieri 29 marzo, raccontata da Valeria De Domenico, e se non l’avete ancora letta fatelo che ne vale la pena, ricorderete il colpo di spada con cui si è formato il segno che dall’Irlanda arriva ad Haifa…
Ecco la Via dell’Angelo! Ed ecco dove si trovano le Chiese dedicate a san Michele
- Skellig Michael, Irlanda
- St. Michael’s Mount, Cornovaglia, Regno Unito
- Abbazia di Mont Saint-Michel, Normandia, Francia
- Sacra di San Michele, Val di Susa, Italia
- Grotta Santuario di San Michele Arcangelo, Monte Sant’Angelo, Puglia, Italia
- Monastero di San Michele Arcangelo Panormitis, Rodi, Grecia
- Monastero Stella Maris, Haifa, Israele

Valeria ci racconta la leggenda legata a tre di esse, Mont Saint-Michel, in Francia, la Sacra di San Michele in Piemonte e la Grotta – Santuario dedicata all’Arcangelo in Puglia. Ricordate che le leggende sono sempre, sempre, legate a fatti reali accaduti, e qui ce ne sono parecchi.
Abbazia di Mont Saint-Michel
Nell’VIII secolo dopo Cristo, quello che oggi si chiama Mont Saint-Michel appariva come un enorme cono di roccia conficcato nel bel mezzo della piatta foce sabbiosa del fiume Couesnon. Un isolotto tildale, cioè un piccolo rilievo, collegato al continente da una sottile lingua di terra, che due volte al giorno, in seguito all’alzarsi della marea, viene completamente circondato dall’acqua e rimane isolato.
Secondo la leggenda nel 709 l’Arcangelo Michele apparve in sogno a Sant’Auberto, vescovo di Avranches e gli ordinò di costruire in suo onore una chiesa in cima al Monte Tomb. La richiesta era bizzarra: l’accesso allo scoglio era aperto per poche ore ogni giorno e trasportare lì i materiali necessari alla costruzione di un edificio sacro sarebbe stato complicatissimo. Auberto ignorò il sogno e quando la notte successiva il Principe delle Milizie celesti tornò a manifestarsi, si rifiutò nuovamente di prestargli ascolto. La terza notte l’Arcangelo, stupito per l’atteggiamento del vescovo, volle toccarlo con la punta di un dito, per destarne l’attenzione, probabilmente. Quando il vescovo si svegliò, si tastò il cranio e si accorse che nel punto in cui l’Arcangelo lo aveva toccato, si era aperto un buco. Il buco rimase lì per tutta la vita di Auberto a ricordargli il suo scetticismo e oggi lo possiamo vedere anche noi, perché il suo cranio fa parte delle reliquie custodite nell’abbazia, insieme a una serie di reliquie “di contatto”, che in quel periodo si diffondevano in Europa proprio per favorire la nascita di nuovi centri di preghiera.
Non appena la chiesa fu pronta, infatti, il vescovo si recò in Italia e dal Monte Gargano riportò un pezzo del mantello che Michele aveva lasciato sull’altare e un frammento della pietra su cui l’angelo si era posato.
Un’altra versione della leggenda, riportata da Iacopo da Varazze e suggerita dalle fonti più antiche (Revelatio ecclesiae sancti Michaelis in monte Tumba, IX sec) dice che quando San Michele apparve al vescovo di Avranches e gli parlò di questo Monte Tumba dove desiderava fosse eretta la chiesa in suo onore, quegli dichiarò di non conoscerne l’esatta ubicazione, allora l’arcangelo gli disse che a segnale vi avrebbe trovato un toro nascosto da alcuni ladroni e dal momento che il vescovo si chiedeva anche quanto avrebbe dovuto esser grande questa chiesa, Michele spiegò che la chiesa doveva coprire la porzione di terreno calpestata dal toro. Si trovavano là due macigni che forza umana non poteva spostare, Michele allora apparve a un uomo, dicendogli di smuovere quei due massi: l’uomo andò e mosse le pietre senza alcuna fatica. L’Angelo continuò a frequentare il Mont e apparve agli uomini che avevano il problema di reperire acqua potabile per suggerire di forare un sasso durissimo, dal quale di fatto sgorgò una fonte a tutt’oggi utilizzata. Infine, un’altra volta intervenne per salvare una donna incinta che, giunta in pellegrinaggio all’isola, fu sorpresa e travolta dalla marea. Con l’aiuto di Michele la donna partorì in acqua e persino allattò il suo bimbo, fin quando la marea non si abbassò e lei fu tratta in salvo.

Sacra di San Michele
Alpi Cozie monte Pirchiriano, quasi 1000 metri di altezza. La leggenda legata alle origini della Sacra di San Michele in val di Susa risale alla fine del X secolo e ha come protagonista Giovanni Vincenzo, uno dei tanti eremiti che a ridosso dell’anno mille cercarono pace tra queste montagne. Giovanni Vincenzo era stato vescovo di Ravenna, ma a un certo punto della sua vita aveva deciso di ritirarsi dal mondo. Per il suo eremitaggio aveva scelto il monte Caprasio. Lì gli apparve l’Arcangelo Michele che gli chiese di costruire in suo onore un luogo di accoglienza per i tanti pellegrini che attraversavano quei valichi diretti a Roma. Giovanni si mise subito all’opera e come logico cominciò col tagliare la legna necessaria alla costruzione della cappella. La accatastò per benino e andò a riposare. Il giorno successivo però la legna era scomparsa. Il religioso, pur stranito, ricominciò a tagliare e accatastare, poi si ritirò per la notte e di nuovo, al mattino successivo, non trovò più il frutto del suo lavoro. Lo stesso accade il terzo giorno. Giovanni a quel punto era certo di trovarsi di fronte a un prodigio divino e a confermare la sua intuizione, ecco apparire per la seconda volta Michele, per dirgli che era stato lui stesso a spostare la legna sul monte dirimpetto, il Pirchiriano, perché era là che desiderava sorgesse la sua cappella. Senza indugi, Giovanni si recò sul Pirchiriano, dove trovò la sua legna, ben accatastata e pronta per essere usata. All’operoso Giovanni ci volle un po’ di tempo per portare a termine il suo compito, alla fine, quando la cappella fu pronta, scese a valle a cercare il vescovo di Torino, perché consacrasse la chiesetta. I due si incamminarono verso il luogo sacro, seguiti da un gran numero di fedeli, ma una volta giunti in vista del Pirchiriano, si trovarono di fronte una scena inattesa: la cima della montagna appariva avvolta da fiamme vivide, perché gli angeli stessi stavano consacrando la chiesa e la loro luce angelica illuminava tutto dando vita a uno spettacolo stupefacente ad maiorem Dei gloriam.

Santuario di San Michele Arcangelo
La leggenda di fondazione del Santuario di Monte San Michele sul Gargano viene collocata da Iacopo da Varazze nel 390, (contenuta nella Legenda Aurea si tratta della prima apparizione di san Michele) e anche nell’Apparitio (operetta agiografica databile tra il V e l’VIII secolo) intorno al 490.
Nella prima versione (quella di Iacopo) il protagonista è un uomo di nome Gargano che possiede terre e bestiame. Un giorno uno dei suoi tori si allontana dalla mandria al pascolo, sale sulla cima del monte (che dopo questo fatto sarà chiamato Gargano) vicino a una grotta e lì rimane. Insieme ai suoi servi, Gargano si mette alla ricerca dell’animale, e quando finalmente lo trova, in uno scatto d’ira, gli scaglia contro una freccia. Ecco accadere allora uno strano fatto: la freccia torna indietro e colpisce lo stesso Gargano. Del prodigio viene immediatamente informato il vescovo, il quale ordina digiuno e preghiera perché il volere di Dio si chiarisca. Passati tre giorni l’angelo Michele apparve al vescovo e come riporta Iacopo da Varazze dice: “Sappiate che Gargano è stato colpito dalla freccia per mia volontà. Io sono Michele arcangelo, ho stabilito di conservare per me quel luogo e in tal modo ho dimostrato di esserne il custode”.
Nella versione del Liber de apparitione Sancti Michaelis in Monte Gargano (Apparitio), il vescovo dubita dell’apparizione, poiché il luogo in questione è tradizionalmente associato a pratiche magiche. Quindi, ignora il sogno. Passa un anno. Nel frattempo Odoacre re dei Goti è arrivato con il suo esercito alle porte della città di Siponto e la pone sotto assedio. Il vescovo allora alla guida di uno sparuto gruppo di uomini armati muove contro il nemico per tentare una mediazione e chiedere una tregua, ma quella notte Michele gli appare nuovamente e gli suggerisce di dar battaglia, poiché lui combatterà al suo fianco. Il giorno successivo il popolo del Gargano, incoraggiato dal racconto del vescovo, contrattacca e, complice anche una provvidenziale tempesta di sabbia e grandine, costringe i barbari alla fuga. Questo secondo miracolo, spazza qualsiasi dubbio e i lavori per la costruzione della chiesa di San Michele possono essere avviati.

Trovate qui il PDF della storia di san Michele da scaricare e stampare
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