La Gospoda, leggenda polacca
Cosa poteva dedicare MammaOca al nostro papa Giovanni Paolo II che domani viene fatto Santo, se non una leggenda della sua terra, la Polonia? Ho scelto La Gospoda perché me lo ricorda, perché è triste, un po’ fuori stagione e bellissima, e perché posso dare finalmente un nome a chi ha creato le bellissime illustrazioni delle leggende polacche contenute nei volumi Fabbri di Fiabe e Leggende di tutto il mondo, che ho da quando sono piccola. L’illustratore si chiama Ugo Fontana e all’ultima Fiera del Libro per ragazzi di Bologna gli è stata dedicata una mostra.
Può essere, lo chiedo a chi conosce il polacco, che il nome Gospoda corrisponda all’Hotel Dieu francese, l’ostello di Dio, le locande dove venivano ospitati poveri e indigenti?
La Gospoda
La Gospoda sorgeva in cima ad una piccola altura. In origine era stata una semplice locanda poi, con l’andar del tempo, i proprietari l’avevano ingrandita e abbellita, e perfino capanne e casette si erano addossate ai suoi lati. I mercanti che andavano alla Fiera dell’Est, sempre più numerosi, vi sostavano per godersi una buona cena e una notte di riposo, certi di essere ben trattati dal bravo locandiere, sempre cortese con tutti.
Essi dicevano tra loro:
– Conoscete i tesori della Gospoda?
– Ebbene, che c’è? Oro, diamanti, pietre preziose?
– No, niente di tutto questo, ma forse assai meglio: le dispense sono piene di forme di formaggio, di grandi vasi di manzo affumicato, e non mancano né il dolce idromele né la forte vodka.
Tanto la Gospoda quanto i terreni che la circondavano appartenevano alla famiglia del conte Pan Piotr. A nord e a sud della Gospoda sorgevano, assai lontano l’uno dall’altro, due maestosi castelli, chiamati uno Gufo e l’altro Colomba, di proprietà della nobile famiglia. Era anzi consuetudine che la giovane sposa del conte abitasse al castello della Colomba, mentre la madre di lui si ritirava nel malinconico castello del Gufo. Al tempo del conte Piotr abitava al Gufo la più buona e soave delle madri, la contessa Aniela e, benché gli anni le pesassero sulle spalle, ella non aveva perduto la sua bontà e il suo sorriso.
Ogni anno a Natale, la contessa Aniela invitava nelle sale del suo castello i bimbi, le vedove e le spose che vivevano in povertà e ogni anno a Natale, Pan Piotr andava da sua madre e portava sulla slitta doni per lei e per i poveri. A metà della strada egli si fermava sempre alla Gospoda e lì si riposava in una stanza che il locandiere teneva preparata appositamente per lui per tutto l’anno.
Il conte lasciava sempre alcuni doni ai poveri che venivano alla Gospoda in occasione del Natale: sapeva che il locandiere non li trattava troppo bene e dava loro alloggio in una stanzuccia a piano terreno dove potevano appena sdraiarsi e dormire sulla paglia. Alla partenza del conte, un coro di ringraziamenti lo accompagnava.
Pan Piotr risaliva sulla slitta, assai più lieto di quando era giunto, e proseguiva la strada per andare da sua madre. Egli conduceva sempre con sé un fedele vecchio servitore, di nome Walenty, che da ragazzo aveva vissuto nel cuore della steppa e da giovane aveva visitato mezzo mondo.
– Che fa Walenty di speciale? In che vale più di noi? E perché il padrone lo preferisce? – si chiedevano le altre persone di servizio, invidiose dell’affetto che legava il conte al vecchio servitore.
– Forse perché egli sa curare e guarire i cavalli.
– Perché parla diverse lingue e conosce l’influsso degli astri.
– Perché fascia le ferite a perfezione e non fallisce il bersaglio.
Nessuno però diceva con schiettezza e coraggio: – Perché egli, fra noi, è il più fedele al padrone.
Anche quell’anno, a Natale, Pan Piotr aveva condotto con sé il buon Walenty; ma, prima di giungere alla Gospoda, una grande frana aperta sulla strada aveva impedito alla slitta di proseguire il cammino.
– Prendiamo dunque la strada che costeggia la foresta – aveva detto il padrone; ma il vento incalzava, la neve scendeva turbinando, il freddo si faceva intenso.
Avanzava la gelida sera d’inverno e il buio più fitto cominciava a calare.
La via era lunga e faticosa; Walenty si mise a battere i denti, poi svenne per il freddo. Pan Piotr fermò la slitta, cercò di rianimare il suo compagno, poi si tolse la pelliccia e l’avvolse strettamente intorno al corpo del vecchio. Fatto ciò risalì e si mise a frustare i cavalli, nella speranza di giungere presto alla Gospoda. Ma la bufera di neve li avvolse, il freddo divenne insopportabile e il conte sentì che gli giungeva al cuore. La mano gli cadde inerte, abbandonando le redini: i cavalli però proseguirono il cammino da soli.
Quando la slitta giunse alla Gospoda, il locandiere e gli uomini accorsi dovettero affaticarsi per liberare i corpi dei due viaggiatori dalla neve. Il cuore di Walenty batteva ancora, ma Pan Piotr aveva pagato con la vita la propria generosità.
– Il padrone è morto! – disse con profondo dolore il locandiere, e tutti, vicino a lui, si scoprirono il capo.
– Sua madre, la buona contessa Aniela, è morta ieri – soggiunse un mendicante ch’era giunto in quel momento dal castello del Gufo. – Dio li ha voluti in cielo nel santo giorno di Natale!
Sulla soglia del Paradiso, infatti, il buon figlio andò direttamente incontro alla madre e si sentì dire affettuosamente, come tutti gli altri anni a Natale.
– Che tu sia il benvenuto, Petruscia! Vieni con me, diamo uno sguardo alla terra – e la madre condusse il figlio presso un alto muro di nuvole. Con la sua delicata mano ella fece un foro con un dito e suo figlio Piotr, avvicinatovi l’occhio, guardò attentamente di sotto.
Allora, da un’enorme distanza, egli vide la Gospoda e il fedele Walenty che portava la bella pelliccia in cui egli l’aveva ravvolto; udì le voci del locandiere e degli uomini che si trovavano sotto il portico; vide che i grandi tappeti della sua stanza erano misteriosamente scivolati a coprire la paglia che faceva da letto alla povera gente e che le sue meravigliose collane d’ambra, cadute dalla finestra sulla terra nevosa, s’erano trasformate in bianche betulle, per la gioia di tutti i viandanti che si fermavano alla Gospoda per trovare riposo e ristoro.
– Egli ha dato la vita per me! – diceva Walenty piangendo e buttando baci verso il cielo; e Piotr, che era ancora nuovo ai miracoli del Paradiso, si meravigliò di sentirsi sul viso quei baci; e portando la mano alla gota, si stupì di sentirla bagnata dalle lacrime che il vecchio e fedele servitore piangeva per lui.

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