I tre cani, di L. Bechstein. I doni speciali

Un’altra fiaba per maschi!! Dice una principessa rosa di mia conoscenza de I tre cani di Ludwig Bechstein, scrittore e collezionista di fiabe popolari tedesche (1801 – 1860).

Eh sì le principesse rosa la sanno lunga sulle distinzioni di sesso… e questa fiaba, con una strada da seguire per il vasto mondo in cerca di fortuna, un drago da combattere, le avversità da superare, l’ingiustizia che si accanisce, fanno decisamente parte del mondo immaginario maschile per lei. Sì certo, c’è la parte in cui la principessa deve essere salvata dal feroce drago e soprattutto lo fa indossando un Abito da Sogno… ma è pur sempre un protagonismo di secondo piano.

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Sarà per la prossima fiaba cara principessa rosa, e guarda che quelle di oggi, di principesse, non vogliono farsi salvare dal pastorello di turno!
Sì certo, mi dice lei, e magari neppure mettere quell’Abito da Sogno!!!
E’ tutta colpa dei volumi di fiabe della Fabbri che stazionano a casa mia in bella vista, e delle illustrazioni de I tre cani in particolare, ma si sa, le fiabe, per i bambini, sono fatte di particolari. Sul tema “Illustrazioni sì o no per le fiabe”, ci torneremo.
Questa fiaba ha un altro tema cruciale, la provvidenza o, come la chiamo io, la Provvidenza, che viene prontamente in soccorso a chi sa domandare nel modo giusto, a chi sa usare bene le doti che ha ricevuto, a chi è buono. Non dimentichiamo neppure i nomi dei tre cani, «Porta da mangiare», «Distruggilo» e «Rompi ferro e acciaio». Cani che, come potete intuire, appartengono ad una razza speciale, con doni preziosi che lascio indovinare a voi.

I tre cani di Ludwig Bechstein

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C‘era una volta un povero pastore che aveva un figlio e una figlia. Quando fu in punto di morte li chiamò accanto a sé e disse:
-Vi lascio una casetta e tre pecore. Dividetele fra voi e vogliatevi bene. Detto questo spirò e i figli lo piansero a lungo, poi il fratello chiese alla sorella:
-Che cosa preferisci? La casetta o le tre pecore?
La ragazza scelse la casetta e il giovane le disse:
-Hai scelto bene, e spero che tu possa vivere tranquilla. Io invece me ne andrò per il vasto mondo in cerca di fortuna, ma mi ricorderò sempre di te. – L’abbracciò e partì, ma la fortuna tardava a farsi vedere. Un giorno in cui stava sdraiato sul ciglio della strada insieme alle sue pecore, incerto su dove andare, passò di là un uomo che teneva al guinzaglio tre enormi cani neri, ciascuno dei quali era più grosso degli altri.
L’uomo si fermò e disse:
-Amico, non vorreste darmi le vostre pecore in cambio dei miei cani?
-Fossi matto! – rise il pastore. – Le pecore mangiano da sole, mentre ai cani bisogna procurare il cibo!
-Vi avverto – replicò lo sconosciuto – che i miei cani hanno nomi strani, che corrispondono esattamente alle loro qualità, con loro farai fortuna. Si chiamano «Porta da mangiare», «Distruggilo» e «Rompi ferro e acciaio».
A queste parole il pastore provò un impulso irresistibile: cedette le pecore e prese i tre cani al guinzaglio. Rimasto solo, volle subito fare l’esperimento e comandò al primo cane:
-Porta da mangiare! – Il cane partì di corsa e ritornò un attimo dopo tenendo fra i denti un cestino pieno di vivande prelibate. Allora il pastore fu proprio convinto di aver fatto un buon baratto e si rimise in viaggio contento.

 

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Qualche giorno dopo incontrò un funerale: o meglio, sembrava un funerale, perché c’era una carrozza ricoperta di drappi neri, anche i cavalli erano bardati di nero e il cocchiere era vestito di nero. Ma dentro la carrozza sedeva una bellissima fanciulla bionda e rosea come la primavera, che piangeva amaramente.
-Che cosa succede? – chiese il pastorello. – Perché fate il funerale a una persona viva?
-Voi siete forestiero e non sapete queste cose – rispose un uomo. – Sulla montagna laggiù abita un terribile drago, il quale minaccia di sterminare tutti gli abitanti della città, se noi ogni anno non gli conduciamo una fanciulla, il cui nome viene estratto a sorte. Quest’anno è toccato alla figlia del re e tra poco il drago la divorerà. Perciò le facciamo il funerale fin d’ora.
Il giovane fu molto commosso e si mise a seguire la carrozza. Non appena il corteo giunse ai piedi della montagna, la giovinetta scese e si incamminò lungo un sentiero verso il suo terribile destino; egli la seguì, ma il cocchiere incominciò a gridare:
-Tornate indietro, altrimenti il drago vi divorerà in un solo boccone! – Ma il giovane non se ne dette per inteso e proseguì il cammino.
Poco dopo vide una caverna nera e da quella sbucò un terribile drago che aveva il corpo ricoperto di scaglie, come un coccodrillo e gettava fuoco e fiamme da un’enorme bocca armata di denti aguzzi, e un fiotto di zolfo ardente gli sfolgorava dalla gola. Subito fece per lanciarsi sulla giovinetta, ma il pastore comandò al suo secondo cane: -Distruggilo!
Il cane partì come un razzo e diede così tanti morsi al drago che in poco tempo lo fece a pezzi, poi lo divorò tutto, sputando solo qualche dente.

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La principessa piangeva, ma questa volta erano lacrime di gioia, e disse al suo salvatore:
-Venite alla reggia con me: mio padre vi compenserà come meritate.
-Verrò fra tre anni— rispose il pastorello. — Prima voglio viaggiare e vedere un po’ di mondo.
-Vi aspetterò – promise la fanciulla: e tornò indietro felice.
Il cocchiere fu assai meravigliato vedendola ricomparire e ascoltando tutta la storia: subito tolse i drappi neri alla carrozza e ai cavalli e si diresse verso la reggia a gran galoppo. Ma, mentre attraversava un ponte sopra un fiume tumultuoso, gli venne in mente un piano malvagio. Fermò la carrozza e disse:
-Quel giovanotto se n’è andato senza chiedere compensi: perciò vi sarà facile rendermi felice. Direte a vostro padre che il salvatore sono io; altrimenti vi getterò nel fiume. E nessuno chiederà di voi perché sanno che il drago vi ha inghiottito.
La principessa si sdegnò, si spaventò, pianse e supplicò; ma tutto fu inutile: dovette giurare. Poco dopo giunsero in città. Figurarsi la gioia del popolo! Tolsero tutte le bandiere nere dalle torri e rimisero le bandiere colorate. Tutti ballavano per le strade e il re abbracciò il falso salvatore.
-Figliolo mio – gli disse – avete salvato da quel mostro non solo la principessa ma l’intero paese. Mia figlia è molto giovane, ma fra un anno te la darò in moglie. Intanto sarai fatto nobile e ti farò diventare ricco. Così fu; la principessa pianse molto, ma ottenne soltanto che suo padre rimandasse le nozze di un secondo anno e poi di un terzo. Infine il re le disse:
– Ti concedo ancora un anno; poi sposerai quell’uomo, perché la parola del re è sacra!
Passato anche il terzo anno, giunse finalmente il giorno delle nozze. Le bandiere rosse erano sulle torri e la gente era in giubilo. Proprio quel mattino arrivò in città il pastorello coi suoi tre cani a guinzaglio. Vedendo la città addobbata a festa chiese che cosa fosse successo.
-La figlia del re sposa il suo salvatore, che era un cocchiere – gli risposero.
-Ah sì? Quel furfante matricolato? — gridò il giovane pieno di sdegno.
Udendo insultare l’uomo che tutti credevano un eroe, la folla si gettò sul pastore e lo condusse in prigione. Mentre giaceva sulla paglia e pensava al suo triste destino, udì guaire, fuori, i suoi tre cani.
-Rompi ferro e acciaio! – urlò più forte che potè e presto vide le zampe del suo cane più grande alle inferriate della finestra, attraverso cui la luce del giorno passava appena appena. Il terzo cane entrò sbriciolando l’inferriata della finestra, e con un morso spezzò anche le catene. Quando fu libero, il giovane comandò:
-Porta da mangiare! – Poco dopo il cane tornò con un tovagliolo pieno di cibo delizioso; una corona reale era ricamata sul tovagliolo.

Il Re si era appena seduto a tavola con tutta la corte quando il cane era apparso e aveva leccato la mano alla principessa, che, con gioiosa sorpresa, aveva riconosciuto il cane e legato il suo stesso tovagliolo. Vide questo come un segno del Cielo, pregò il padre di ascoltare poche parole e gli raccontò tutto il mistero. Il re mandò un messaggero dietro il cane, e poco dopo ecco che entrava nella sala il pastorello. La principessa cominciò a ridere di gioia, mentre il cocchiere impallidiva e tremava. Il malvagio cocchiere venne gettato in prigione, in mezzo ai topi e la principessa poté sposare il vero salvatore.
-E adesso – le disse il pastore – voglio mandare a prendere mia sorella perché sia felice con noi.
Allora uno dei cani cominciò a parlare e disse: – Il nostro tempo è finito, non hai più bisogno di noi, siamo rimasti con te così tanto tempo per vedere se ti saresti ricordato di tua sorella anche nella tua felicità.
Così dicendo si trasformarono in tre uccelli, aprirono le ali e volarono via.

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Posizione preferita dalla principessa rosa quando legge questa fiaba

Utile

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