Torco, il principe marinaio. Leggenda sarda sulle Bocche di Bonifacio, che separano la Sardegna dalla Corsica, uno dei mari più tumultuosi del Mediterraneo. Tratta dal libro “Fiabe sarde”, scelte e tradotte da Francesco Enna, con una magnifica presentazione di Salvatore Mannuzzu, così come un’altra bella leggenda già pubblicata nel 2009. Era il primo post di mammaoca, la leggenda sulla nascita della Sardegna L’Orma Divina.
Quando c’è il maestrale ed andiamo al faro di Capo Testa o sul promontorio davanti a Santa Teresa di Gallura, quello che punta direttamente alle bianche scogliere di Bonifacio, non posso fare a meno di pensare al principe Torco e alla sua bella leggenda. Una volta, quando tutti vedevano con certezza il ponte tra terra e cielo, si faceva così per penetrare il mistero delle cose e si rispondeva così alle domande: come nasce l’arcobaleno, e la Sardegna? E come mai il mare delle Bocche di Bonifacio è così agitato? (Tanto che parecchi di noi sono rimasti bloccati in Corsica più giorni prima di riuscire ad attraversare uno dei mari più mossi del Mediterraneo)… E oggi? Io vi offro questa leggenda (scritta in chiave moderatamente sardista) che vi farà conoscere il figlio del dio del mare Torco. E forse potete sperare, dalle rocce di Santa Teresa di vederlo passare.
Sì, io una volta l’ho visto, sì un tritone, … o forse era un delfino, ma il racconto è bastato al treenne Nico, all’appena più grande Dennis, ma anche ai 18enni Gio, Elia, Luca e Leo per guardare alle grandi onde di punta Falcone con altri occhi.
Torco, il principe marinaio
Ai tempi in cui la Sardegna era davvero selvaggia, quando la gente si vestiva di pelli, abitava nelle grotte, si cibava di radici, di frutti selvatici e cacciava con le frecce, viveva tra questa gente il principe Torco.
Torco era figlio del dio del mare e sapeva governare una barca come nessun altro. Con la sua imbarcazione di canne e di giunchi legati a fasci, leggera e veloce come un delfino, Torco pattugliava incessantemente le coste dell’isola, lungo tutto il suo perimetro, per impedire ai pirati e ai predoni stranieri di sbarcarvi per impossessarsene.
I sardi lo amavano per questo, perché con lui di vedetta si sentivano al sicuro dalle minacce del mondo esterno.
«Ruba chi viene dal mare» dicevano. E Torco, intrepido e instancabile, impediva ai ladri del mare di avvicinarsi alle coste sarde. Fu proprio lui, come raccontano i marinai più anziani, a scoprire per primo, in quel suo perenne circumnavigare l’isola, la sua strana forma di impronta di un sandalo: perciò la chiamò Ichnusa.
Finché Torco si mantenne giovane e forte, nessun pirata riuscì mai a sbarcare in Sardegna, a portare lutti e distruzione. Ma poi, pur essendo di stirpe divina, anche lui incominciò ad avvertire il peso degli anni e le offese della vecchiaia. E così arrivarono i primi guai per la Sardegna.
Gli aggressori si fecero sempre più minacciosi e, a gruppi sparsi, riuscirono persino a sbarcare qua e là, nelle numerose piccole cale e nelle baie disseminate lungo i chilometri e chilometri di costa dell’isola.
Ma anche così Torco riuscì a salvaguardare l’indipendenza della sua terra, accorrendo di volta in volta a ogni pronto allarme delle sue vedette e ricacciando in mare gli invasori con furibonde scaramucce, di cui si conserva il ricordo a Cala Moresca, a Baia dei Saraceni, a Punta Falcone. Un giorno, però, apparve all’orizzonte un’intera flotta di navi corsare che ricoprivano il mare di legni e di vele fin dove arrivava lo sguardo.
Venivano direttamente dall’Africa, al comando di Atlante, il re più potente e più feroce di tutta la pirateria del Mediterraneo. Più volte, in passato, Torco aveva respinto gli assalti di questo truce pirata. Ma questa volta, non appena le vedette sulle torri costiere diedero tutte assieme l’allarme, Torco capì che quella sarebbe stata la battaglia decisiva della sua vita.
La battaglia divampò davanti a Punta Falcone, nel tratto di mare che separa la Sardegna dalla Corsica e che oggi è conosciuto col nome di Bocche di Bonifacio.
Atlante mandò subito all’attacco le sue navi da guerra, con il proposito di far piazza pulita; ma le piccole barche di giunchi, molto più veloci e manovriere, guidate con perizia da Torco e dai suoi uomini, seppero tener testa ai pirati per un’intera giornata.
Ma a tarda sera, quando le sorti del combattimento sembravano favorire la piccola flotta sarda, una grossa nave pirata speronò all’improvviso proprio la barca di Torco, che si spezzò in due e trascinò sul fondo l’intero equipaggio.
Nel vedere il loro eroico comandante sparire nei flutti del mare, arrossati dal sangue nemico, i marinai sardi si lasciarono prendere dallo sconforto. E Atlante ne approfittò immediatamente per riguadagnare il terreno perduto.
La battaglia navale riavvampò furibonda in superficie, mentre il corpo di Torco si inabissava sempre di più nel silenzio del mare profondo.
Sul fondo dell’abisso, il re del mare lo accolse mestamente tra le sue mani con dita di conchiglie e lo adagiò dolcemente su un letto di alghe. Poi si chinò su di lui e gli alitò nella bocca lo spirito del mare. E allora accadde che al vecchio guerriero spuntarono le branchie e le gambe si trasformarono in una lunga coda, adatta al nuoto veloce e potente.
Così Torco riprese vita e si trasformò in un tritone. E quando si rese conto di essere ancora in grado di combattere per la sua terra, Torco risalì in superficie assieme agli altri tritoni del mare.
La battaglia fra Atlante e i marinai sardi era ormai giunta all’epilogo, con la vittoria ormai certa dei pirati africani. E allora il branco di tritoni circondò le navi pirata e incominciò ad agitare le onde con potenti colpi di coda. In breve si scatenò una burrasca tremenda, con ondate gigantesche che travolsero e distrussero l’intera flotta nemica.
Così il vecchio principe Torco vinse anche l’ultima battaglia contro il bieco Atlante. Ma non potè mai più essere un uomo.
Si racconta che ancora oggi, quando le acque davanti a Punta Falcone, nelle Bocche di Bonifacio, si gonfiano e ribolliscono con rumore di tuono, è Torco che dal profondo del mare risale a mettere in guardia i sardi dai vecchi e dai nuovi pirati in arrivo.