Dormi bambino, dorma il mare, dorma lo smisurato male; ma, se è possibile, un cambiamento venga da te, padre Zeus.
Alle mie figlie e alle nipoti, alle loro amiche, alle mamme di ogni dove e a chi ha cura dei bambini, nostre speranze.

Questa nella foto sono io, Annalena, o MammaOca come mi conoscono i bambini e voi lettori. Sto leggendo una fiaba ai piccoli studenti della materna del collegio della Guastalla, durante un mercatino di Natale di quattro anni fa, (quante cose sono successe da allora?). Quello di proporre libri a bambini, ragazzi e maestrine, leggere, raccontare, animare belle storie, piene di mistero e senso, bene e male, scelte da fare e strade da percorrere, che non alimentino il dubbio cosmico, con le conseguenze di paura e angoscia, ma che possano far nascere sulle facce quegli sguardi che vedete di meraviglia e stupore, di apertura all’altro chiunque esso sia, è stato, da sempre, il mio piacere, la mia cura verso di loro, dare loro la mano e accompagnarli, il mio compito. Anche quando una spada ti trafigge il cuore.
Ora immaginate la stessa scena, una donna, molti meno anni di vita, una giovane educatrice, potrebbe essere mia figlia Clara, una che ha cura dei bambini e che, seduta a terra legge un bel libro a una decina di loro seduti attenti intorno a lei, gli stessi sguardi dei “miei” bambini, anche lei ha un compito… aver cura di loro, rafforzare le difese immunitarie, rallegrarli, fare conoscere loro le strade del bene, della pace, della giustizia e della verità. Ma non siamo a Monza … siamo a 100 metri sotto terra in una metropolitana a Kiev. E la maestrina sorride e parla, anche se forse una spada le trafigge il cuore.
Tutto quello che si fa lo si fa per i bambini.
E sono i bambini che fanno fare tutto.
Tutto quello che si fa.

Quando mi si è presentata questa scena di vita domestica, che magari avete visto, o piuttosto immaginato, in guerre ignorate in altre parti del mondo, scena trasmessa al tg2 del 2 marzo, (guardate lo sguardo del bambino in blu appoggiato al muro e quello della bambina inginocchiata vicino a me, lo stesso sguardo!), immediatamente due pensieri si sono accavallati nella mia mente. Ho pensato al compito, alla responsabilità che abbiamo verso i bambini, e i ragazzi. Dovunque noi siamo, in qualsiasi posto e tempo noi viviamo, qualunque cosa possa succedere, io e quella maestrina dobbiamo farli vivere, proteggerli, difenderli e dare loro il senso del vivere. Difenderli dalle guerre, quelle sul campo e quelle del pensiero annullatore, cancellatore, sentimentale e relativo, (non ci sono serviti due anni di Covid, di “andrà tutto bene”, per tastarlo in tutto il suo annullamento questo pensiero, se ognuno di noi conosce almeno qualche ragazzo che non si alza più dal letto, perché non ha nessuno scopo per farlo?). E trasmettere la gioia, sì la gioia dell’esserci, anche se questa ce la insegnano di più loro, in molte occasioni, soprattutto le più difficili.
Accavallato a questo pensiero ne è sorto un altro, la scena di questo asilo improvvisato, di affermazione della vita, anche sotto 100 metri di terra, io reduce dalla preghiera e dal digiuno chiesti dal papa per invocare la pace, mi ha ricordato uno dei più alti vertici della poesia greca, la preghiera di Danae di Simonide di Ceo, sesto secolo avanti Cristo. Migliaia di anni fa, in una cultura che aveva un’idea del destino come fato ineluttabile, senza nessuna possibilità di cambiamento, sale al Cielo la libera preghiera di Danae, abbandonata nel mare in tempesta, in una barca insieme al figlioletto Perseo.
Quando nell’arca finemente lavorata il soffiare del vento e l’agitarsi del mare la gettavano nel terrore, con le guance inondate di lacrime, ponendo la sua mano sopra Perseo in atto di protezione diceva: “O figlio, in quale difficoltà mi trovo; tu dormi il sonno tranquillo del bambino, adagiato in questa orribile cassa di legno dalle borchie di bronzo luccicanti nella nera notte, avvolto dall’oscurità violacea; non ti preoccupi dell’onda che si avventa spumeggiando sopra il tuo capo, né del fragore del vento e il tuo bel viso è coperto da un drappo purpureo. Se per te fosse terribile ciò che è terribile, tu presteresti ascolto alle mie parole. Dormi bambino, dorma il mare, dorma lo smisurato male; ma, se è possibile, un cambiamento venga da te, padre Zeus; se io ardisco pregare con una parola audace o che non conosce giustizia, tu perdonami”.
Sale al padre Zeus la preghiera di una madre che protegge il suo bambino. Sa che il figlio non può capire quanto è terribile ciò che è terribile, ma, pur angosciata, lo protegge nel suo sonno tranquillo di bambino, lo protegge dalle onde e dal fragore del vento col suo drappo, e, all’apice della scena, nella nostra ormai totale immedesimazione con quello che viviamo, nella totale impossibilità di immaginare una soluzione positiva, sale quella invocazione, una preghiera osata, una parola audace, ardita, di cui noi, anche dopo migliaia di anni, sentiamo la potenza di libertà:
se è possibile, un cambiamento venga da te, padre Zeus.
Questa richiesta che avvenga qualcosa di improbabile, se non impossibile, qualcosa che, direbbe Hannah Arendt, “ci appare alla stregua di un miracolo”, vi sembra un’azione ragionevole? Cosa possiamo fare noi, in tanti si chiedono? Vi sembra un’affermazione di libertà e di ragione, pregare Dio che cessi una guerra, sperare contro ogni speranza che si affacci, qui, ora, un uomo che compia un’azione inattesa, inaspettata?
Perché qui sta il punto. Se facessero davvero studiare la storia, (apro e chiudo una parentesi sulla necessità della libertà educativa altrimenti vi travolgo, che già mi sono al solito dilungata), sapremmo che sì è possibile, e ne potremmo conoscere i fatti. Qui nel blog trovate almeno due esempi di questo,
l’affermazione della vita e la cura dei bambini nel campo di concentramento di Terezin,
l’azione inattesa e libera di un uomo, re Cristiano X e di un popolo, quello danese.
Io credo davvero a quello che dice Hannah, (grazie di avercela fatta conoscere, grazie anche di questo, Luigi), e lo credo perché lo so, l’ho visto, l’ho studiato. L’ho sperimentato sulla mia pelle. Dirlo, farlo, scriverlo, lo sento come mio compito, mia responsabilità.
Il nuovo si verifica sempre contro la tendenza prevalente delle leggi statistiche e della loro probabilità
… il nuovo quindi appare sempre alla stregua del miracolo. Il fatto che l’uomo sia capace d’azione significa che da lui ci si può attendere l’inatteso, che è in grado di compiere ciò che è infinitamente improbabile. E ciò è possibile perché ogni uomo è unico e con la nascita di ciascuno viene al mondo qualcosa si nuovo nella sua unicità.
... I processi storici sono creati e interrotti di continuo dall’iniziativa dell’uomo, da quell’initium che l’uomo è in quanto agisce. Di conseguenza, non è per nulla superstizioso, anzi è realistico cercare quel che non si può né prevedere né predire, esser pronti ad accogliere, aspettarsi, dei “miracoli” nel campo politico. E quanto più la bilancia pende verso la catastrofe, tanto più l’atto compiuto in libertà appare miracoloso; la salvezza, infatti, non è automatica: automatico è il processo che conduce alla catastrofe, e che deve quindi sembrare in ogni caso irresistibile.
… Dio ha creato l’uomo per introdurre nel mondo la facoltà del dare inizio: la libertà.
Utile
- Ho scritto di re Cristiano X di Danimarca, sia nell’articolo linkato sopra che parla di un libro per bambini e di un episodio legato alla libera azione di questo re e del suo popolo e in fondo a quel post trovate vari articoli su cui conoscere la storia di questo re. Ma ne ho parlato anche in questo altro articolo dove ho riportato la fiaba Il giovane Re di Oscar Wilde, e dove ho parlato di regalità nella libera azione dell’uomo.
Buongiorno, la seguo da anni (da quando i miei figli erano piccoli: ora sono adolescenti) e ho sempre apprezzato il suo splendido lavoro. Sono una musicista e, da quest’anno, insegnante di musica alla primaria Mandelli Rodari. Chissà se mi può aiutare…..volevo affrontare con le classi 3e il brano musica di Ravel “Ma mere l’oye” che traduce in musica alcune fiabe prese, appunto, dalla raccolta “I racconti di mamma oca” di cui Collodi si è fatto traduttore. Tra le varie storie che Ravel prende in esame ce n’è una che si intitola “Laideronnette, imperatrice delle pagode”. Desideravo contestualizzarla ai bambini ma non ho trovato nessun riferimento ne’ sul web ne’ nella stessa raccolta di Collodi (“I racconti delle fate”). Mi chiedevo se per caso lei ne avesse sentito parlare o sapesse dove rintracciare questa fiaba. In tal caso, potrebbe gentilmente darmi qualche informazione (sperando di non sottrarle tempo prezioso)? Grazie!
Silvia De Fre
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Buongiorno Silvia, grazie di seguirci e soprattutto di avermi fatto scoprire un pezzetto di mondo musicale che non conoscevo. Bellissimo! Sulle fiabe!!! La fiaba cui si fa riferimento con “Laideronnette, imperatrice delle pagode” è “Il Serpentino Verde” di Madame d’Aulnoy, la scrittrice de “La Bella e la Bestia” per intenderci e per sottolineare quanto siano belle le sue fiabe. E’ una fiaba molto complessa, che si rifà al mito di Amore e Psiche, non l’ ho trovata né tra le mie, né da altra parte, ma solo in francese e inglese. In questo sito puoi trovare la trama, per capire almeno di cosa si tratta e la sua complessità. Laideronnette vuol dire brutta in francese, qualcosa di più anche, e qui viene chiamata Racchietta. https://fiabe.fandom.com/it/wiki/Il_serpentino_verde Se hai altre domande chiedi pure. Grazie
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