19 marzo, san Giuseppe, festa del papà. Per celebrare questa bella giornata, volevo regalarvi due immagini che mi piacciono particolarmente. Un quadro con un Giuseppe “insolito” e una delle più belle descrizioni di san Giuseppe io abbia mai letto. Con un augurio a tutti i padri.
- Il quadro è del pittore Francesco Grandi vissuto a Roma tra il 1831 e il 1891. È una pala d’altare che raffigura San Giuseppe con Gesù Bambino. Dipinta nel 1891 per la Basilica di san Pietro in Vaticano, fu donata nel 1963 da Papa Giovanni XXII al santuario della Beata Vergine del Soccorso di Ossuccio, sul lago di Como, ed è qui che l’ho scoperta.
Entrando, sull’Altare laterale di destra colpisce, è il caso di dirlo, essendo una raffigurazione di san Giuseppe non solita, anche se molto corrispondente al mio pensiero, forse non del tutto ortodosso, su di lui. Vediamo una figura che si impone, allo stesso tempo figura umile e degna, nel pieno della maturità, di forse 30-35 anni. Sostiene il Bambino Gesù con forza e lievità, quasi non pesasse nulla, e scende quel gradino quasi a venirci incontro. L’amica Raffaella sottolinea che questo Giuseppe è magnetico (molto appropriatamente, che è per questo tra l’altro che mi aveva colpito la prima volta che l’ho visto), e, continua, il bambino sembra vero… la manina piegata in quel modo sul petto di Giuseppe, quante volte l’abbiamo notata nei bambini, e poi questo bambino più grandicello e consapevole sembra proprio aver cercato il suo papà e sembra stare compiacente lì in alto…
Sopra il trono la frase:
Tu eris super domum meam. Tu avrai autorità su tutta la mia casa. Genesi 41, 40
Questa raffigurazione di san Giuseppe e la frase della Genesi usata mi ricorda tantissimo il motivo della devozione di santa Teresa d’Avila per questo santo, che vi ho riportato nel post di ieri.

- La seconda immagine è letteraria ed è la bellissima evocazione della figura di Giuseppe che fa lo scrittore Paul Claudel. Una meditazione contenuta in “Lo splendore della verità”.
L’avevo già riportata in un post di anni fa, ma mi piace associarla a questo quadro.
Modestia e purezza di San Giuseppe
di Paul ClaudelIl mio spirito è tutto compreso nella meditazione di San Giuseppe, grande ed un poco misteriosa figura considerata con ironia dai cosiddetti uomini superiori. Di stirpe nobile si adattava al lavoro; era sempre sorridente e discreto; aveva braccia robuste e le sue mani recavano sempre la fasciatura di qualche dito, caratteristica dei falegnami che riportano quelle leggere ferite lavorando il legno.
Non era molto stimato dalla gente di Nazaret, come accade a coloro che seguono una vocazione singolare. Infatti non è singolare, specie in questa epoca, che un uomo apprezzi la verginità?
Perché egli aveva abbracciato questa virtù? Per premunirsi con pazienza e decisione contro la monotonia della vita quotidiana, imitando il sole che ogni giorno riprende con immutata energia lo stesso cammino.
Me lo immagino una mattina di autunno mentre ritorna da Caifa dove si è recato per acquistare del legname con un vecchio carretto. Eccolo passare il Sizo nel punto in cui gli si apre tutta la pianura di Esdrelon fino alle montagne della Transgiordania: ha dinanzi a sé, in un sol colpo d’occhio, il territorio di sei Tribù. E il carretto gli si affonda nel fango fino agli assili.
Poi lo vedo, in un mattino di sole, nella sua bottega; odo la sega ed il caratteristico rumore dei pezzi di legno; odo un fanciullo che, correndogli incontro, grida: “Giuseppe! Giuseppe!” (forse Giuseppe sta partendo per Gerusalemme). La sua bottega doveva essere la preferita dai fanciulli come lo sono sempre quelle dei falegnami.
Infine lo immagino al ritorno da Gerusalemme con la sua fidanzata (pure non molto più ben vista dal mondo) così giovane e così dolce da sbalordire tutti. Me li vedo quando arrivano ed immagino pure lo sbalordimento della compiacente vicina che nel frattempo aveva tenuto in ordine la casa. Quanti commenti la sera presso la fontana.
Giuseppe è il patrono della vita ritirata. La Sacra Scrittura non riferisce di lui una sola parola: è il silenzio, padre del Verbo.
Quanti aspetti contrastanti in lui! Protettore dei celibi e degli ammogliati; dei laici e dei religiosi; dei sacerdoti e degli uomini d’affari. Anche di costoro, perché Giuseppe, da buon falegname, era costretto a discutere con i clienti e a firmare piccoli contratti, a incalzare i debitori recalcitranti, a discutere, a ricorrere ai compromessi, a fornirsi di materiale al prezzo più conveniente non lasciandosi sfuggire le buone occasioni, ecc.E quando per lui sopraggiunse l’età cadente, quante commoventi attenzioni dovettero usare Gesù e Maria verso il capo della famiglia che non poteva più lavorare!
Se presso il vecchio falegname ammalato, giunge per fare riparare la vettura il cocchiere di una di quelle eleganti matrone che si recano in cura a Tiberiade, è Gesù stesso che accorre e se ne incarica prendendo dalle mani di Giuseppe i ferri adatti.
Chi si accorge di lui in quell’Impero romano pieno di orgoglio e di delitti (proprio come avviene nell’attuale civiltà)? Non certo Cesare, né Platone! La sua famiglia dà l’impressione di essere composta solo di tre modeste persone che si limitano a volersi bene: eppure da loro partirà la scintilla che farà cambiare la faccia del mondo.
Questi fatti accadono ai piedi di una montagna scabra, il Tabor; lontano si scorge l’alta vetta del Carmelo; i villaggi vicini si chiamano Cana, Nahum, Endor, Mageddo. In tre ore si arrivava nella ridente Tiberiade sul lago di Genezaret, la Aix-les-Bains ebraica, oggi deserta e inabitata.

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