Giornata della memoria. Come raccontarla. Per chi ha cura dei bambini. Per i genitori, i nonni, gli insegnanti, per tutti coloro che hanno cura dei bambini, nell’accezione inglese di “take care”, e li rispettano nella loro natura.
di Annalena Valenti
La conoscenza delle cose, di qualsiasi cosa, dalla dieta ipocalorica a ”L’Infinito” di Leopardi, avviene per immedesimazione, posso imparare e fare mio solo ciò di cui capisco il significato, con cui creo un legame e quindi mi appartiene.
Per questo, quando penso all’olocausto, o ai genocidi del 900, dall’Armenia a Sarajevo, (e oggi?), faccio fatica a pensare a come raccontarlo ai bambini.
Non riesco a immedesimarmi io, personalmente io, in un male così radicale e annientante!
Come spiegarlo ai bambini, se non come racconto con qualche elemento di fantastico e improbabile, ma che solleva da quel male totale, (e molti libri per bambini che raccontano dell’olocausto usano questo stile), o come storia, raccontata in pochi passi, punto e fine!
Come raccontare ai bambini la storia vera, senza fantasie, che in questo caso sono evasioni fantastiche, pur capibili, ma senza togliere la speranza di bene? Si può?
E’ la domanda della maestrina Lalla, che vuole parlare della Giornata della memoria ai suoi bambini di quarta elementare.
Ci sono storie avvenute durante l’olocausto che sono state per me di grande esempio e che confermano ciò che ha detto la filosofa, scrittrice e giornalista ebrea Hannah Arendt.
«Quel che ora penso veramente è che il male non è mai “radicale”, ma soltanto estremo, e che non possegga né profondità né una dimensione demoniaca. Esso può invadere e devastare il mondo intero, perché si espande sulla sua superficie come un fungo. Esso “sfida” (.) il pensiero, perché il pensiero cerca di raggiungere la profondità, di andare alle radici, e nel momento in cui cerca il male, è frustrato perché non trova nulla. Questa è la sua “banalità”. Solo il bene è profondo e può essere radicale»
Ecco quello che finora abbiamo scritto sulla Giornata della Memoria, a cui care maestre potete attingere:
- I bambini di Terezin e l’opera Brundibar. Qui di seguito parlo del campo di concentramento di Theresienstadt e di quegli insegnanti e artisti che fino alla fine educarono i loro bambini. Uno degli artisti scrisse l’opera Brundibar.
- La città che sussurrò, di Jennifer Elvgren, illustrazioni di Fabio Santomauro. Una storia basata su un fatto di bene davvero accaduto, protagonista il popolo danese.
- L’albero di Sara, di Giulia Bottaro, illustrazioni di Fabio Santomauro. La memoria si “coltiva”
- Museo della Memoria di Assisi. Altre eccezioni di bene…. Le cerco le eccezioni, anche nel male con cui non ci si può immedesimare, sentendone un bisogno quasi fisico, perché sono la prova che nell’uomo c’é davvero un Bene più grande.
Prima di continuare a leggere questo post per capire dove va a parare, dovete leggere questo articolo su Tempi che chiarisce benissimo, e in breve, l’itinerario di pensiero della Arendt sul tema del bene, del male e dell’immedesimazione, e che mi è sempre stato d’aiuto per valutare come parlarne ai bambini e ai ragazzi. E ovviamente leggete i libri della scrittrice, e se non l’avete mai letta potete cominciare con “Il pensiero secondo”, che presenta alcune pagine scelte dai suoi libri.
Proprio per le parole di questo articolo per me illuminante, mi ha sempre colpito chi, nel grande male che invade tutto, si erge con un’azione di bene. Anche oggi.
Chi, ad esempio, durante l’olocausto, ha avuto cura dei bambini fino alla fine, fino alla morte. Se è stato possibile a queste persone ergersi nel mare di male, avere cura e proteggere la vita indifesa, affermare un bene, allora è possibile a me. Io in questi uomini e donne mi posso immedesimare, e quindi conoscere, ricordare, e avere coscienza che anche nel male si può porre la libera azione dell’uomo.

Riporto, integrato da alcuni fatti, un articolo che avevo già scritto per Tempi nel 2005 sul campo di concentramento di Theresienstadt, Terezin, e sull’esperienza lì vissuta dai bambini e dai loro educatori.
Nell’orrore, nel male che è stato l’olocausto, si deve conoscere la storia dei bambini di Terezin, città-fortezza a 60 km. da Praga, evacuata dei suoi abitanti dai nazisti e trasformata in un paese ghetto. Da Terezin sono passate 150.000 persone, che vivevano in condizioni di miseria, fame, promiscuità, malattie che si trasformavano in epidemie, molti sono stati avviati ai lager, su 15.000 bambini ne sono sopravvissuti 100.
Eppure, in questo inferno, di cui nessuno si è reso conto, neppure la Croce Rossa Internazionale in visita nel “ghetto modello”, i prigionieri educano i loro bambini, ne sono testimonianza le poesie, i disegni, le commedie, gli spettacoli musicali arrivati a noi. Il ghetto è autogestito, i bambini sono divisi in classi, imparano la storia del proprio paese, a disegnare, a scrivere, i maestri riscrivono a memoria i libri, vengono fatti due giornali clandestini, per rallegrare i bambini vengono allestiti spettacoli, ci sono tornei di calcio “per non perdere fiducia e dignità”.


A Terezin vengono internati artisti, scrittori, musicisti, sportivi, l’artista e insegnante austriaca Friedl Dicker-Brandeis crea classi di arte, prima di essere deportata l’artista nasconde due valigie con 700 disegni fatti dai bambini, che oggi si possono vedere. Io stessa li ho visti alla fiera del libro di Bologna nel 2014. Ne ho parlato in questo articolo sul blog.
Viene internato a Terezin anche il compositore ceco Hans Krása, che riscrive a memoria la partitura della sua opera “Brundibar”, che ancora oggi in occasione della giornata della memoria è spesso rappresentata. Di questa opera trovate qui un bell’articolo, con anche alcune delle parti musicali, nella traduzione italiana, e su questo blog un articolo scritto nel 2015 in occasione di una rappresentazione di Brundibar. E se dobbiamo dire con la Arendt che il male è banale, possiamo dire, anche per questa opera, che è ottuso, stupido e autoreferenziale, dato che in maniera fiabesca Brundibar è la rappresentazione fantastica del tentativo di sopraffazione del male sul bene, con la forte connotazione di un nazista nel personaggio “cattivo”. Considerate che questa opera viene rappresentata a Terezin ben 55 volte, anche in occasione della visita della Croce Rossa e per un documentario di propaganda nazista, dove appaiono anche partite di calcio e un torneo di cui si parla ampiamente in questo articolo.

Noi riconosciamo in questa storia di Terezin, la libera azione di uomini e donne che, molto probabilmente coscienti di un futuro di morte, hanno continuato ad educare, quotidianamente, dignitosamente, e anche allegramente, alla vita e all’amore i loro bambini.
Sempre Hannah Arendt
«Il corso della vita umana diretto verso la morte condurrebbe inevitabilmente ogni essere umano alla rovina e alla distruzione se non fosse per la facoltà di interromperlo e di iniziare qualcosa di nuovo, una facoltà che è inerente all’azione, e ci ricorda in permanenza che gli uomini, anche se devono morire, non sono nati per morire, ma per incominciare… L’azione, dal punto di vista dei processi automatici che sembrano determinare il corso del mondo, assomiglia a un miracolo. Nel linguaggio della scienza naturale, essa è l’”improbabilità infinita che si verifica regolarmente”.